Data: 10.06.2013

Autore: Roberto Provana

Oggetto: Domande

Vi sono altri possibili "colpi d'ala" dopo la scoperta della ragione, della filosofia, del pensiero, della ricerca di senso? O piuttosto pretendiamo di capire senza cambiare? Davvero siamo il prodotto di un determinismo naturale? Siamo un DNA "adulto" che ha prodotto un po' di coscienza o è la coscienza che si è gettata nel mondo, nella materia, per consapevolizzarla? E' questa la sfida grandiosa che è così difficile da accettare? E' perchè non se ne sente il richiamo, della bellezza? Siamo malati di bruttezza? A furia di contemplarla siamo diventati brutti? Pensiamo e basta, senza poesia? Perchè gli dei dovrebbero interessarsi degli uomini, se gli uomini desiderano rimanere quello che sono? Si può mutare? O si pretendono risposte senza mutare il punto di vista, la fissità di una postazione evolutiva, la coscienza generata dal pensiero comune, dalla somma di abitudini imparate qui e là, o filtrate da preferenze personali che ci fanno credere di essere diversi dagli altri, di essere qualcuno. Se la coscienza è qualcosa, si può lavorare con essa, per vedere come reagisce, se risponde, per verificare se e cosa succede? Gli dèi sanno che gli uomini preferiscono adorare, ma non diventare (dèi). Meglio mettere dio su un altare, piuttosto di provare a "esserlo", rinunciando alle miserie umane? Che ci inseguono, ci abbruttiscono, ma dentro una coscienza intangibile e gioiosa rimane intoccata. Osservatrice distaccata e senziente, sensibile e intelligente, non trascinata nel gorgo delle virtù e del vizio. Dentro le cose senza smarrirsi. Oltre la mente ma dentro il corpo, i sensi. Essere dentro la propria pelle ogni momento, per allenare la consapevolezza di sè, inizio della coscienza. Ed è qui che si crea il destino umano: si diventa quel che "si crede di essere". Gli esseri umani non credono di potercela fare, non hanno fede nelle loro potenzialità, nel loro divenire, e così giustificano la loro pigrizia? Credono che il male sia male e il bene sia bene, quando è evidente che dal bene a volte nasce il male e dal male nasce il bene. Allora è la pochezza e la scarsità di visione che fa percepire il mondo come luogo tragico? Oppure lo è veramente? Il mondo è lo specchio del conflitto interno della coscienza umana? E se lo è, la coscienza può cambiarlo? Ma allora, ci sono delle modalità per farla evolvere, metterla alla prova, accelerarla, intensificarla, interrogarla? Se queste vie esistono, perchè non le conosciamo? In passato hanno fallito? Ma chi dice che la storia è quella scritta dai falliti della coscienza? Si trova quel che si crede possa esistere. Si diventa quel che si è e si trova quel che si vuol diventare. Cosa leggono, cosa scrivono, come vivono quelli che non hanno fede nel loro divenire, che credono che la mente, la religione e la scienza siano tutto? Le vie della coscienza sono rischiose? Come si vede e come si percepisce il dolore, proprio e altrui, da una coscienza spostata un poco più in là, appena un poco oltre la visione comune, la percezione comune, il credo comune? Ma chi è disposto a rischiare, chi è disposto a tutto pur di tentare di conoscere, di esercitare, coltivare, "stressare" la sua coscienza? O piuttosto finirà come sempre, a chiederci cosa è la coscienza? E passare la vita a trovare varie definizioni eleganti e astratte, a studiare la coscienza ma non a insidiarla, abitarla, interrogarla con il corpo. Tutto meno che provare a fare un esercizio di ginnastica della coscienza, per provare ad espanderla e osservare cosa succede. Tutto per non cambiare. E allora il mondo rimane tale e quale. Perché il mondo è la coscienza e la coscienza è il mondo.

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