Data: 13.06.2013

Autore: Walter Venchiarutti

Oggetto: Commenti

La serata dedicata dal Caffè Filosofico al libro di Vittorio Dornetti e Piero Carelli ha saputo dar luogo nel dibattito che ne è seguito ad un interessante confronto di idee.

Mi ha particolarmente colpito il raffronto tra i principi “vitalistici” (la vita come valore supremo) e le considerazioni “giustificatorie” (il fine può legittimare i mezzi).

Il tema si è presentato ghiotto non solo per coloro che della parola, come i filosofi, sanno fare un’arte, ma anche per chi, dietro l’esame delle scelte etiche, cerca di ravvisare gli archetipi originari del comportamento umano.

Così non ho potuto fare a meno di scorgere l’eterno insolubile dilemma tra due precise concezioni del mondo tramandate dall’Oriente Indù: la visione Brāhmana e quella degli Kshatriya. Vale a dire la preminenza della contemplazione, per chi detiene l’autorità spirituale e intellettuale, in eterna collisione con i princìpi che i “guerrieri” esercitano attraverso l’azione della forza e il potere temporale.

Maya dagli induisti, samsāra dai buddisti, grande jihad guerra interiore per gli islamici, tutte le più antiche dottrine sono concordi nel considerare la possibile uscita dal gioco illusorio della trappola esistenziale, una meta raggiungibile solo attraverso il superamento del proprio punto di vista, inteso alla stregua di impedimento egoistico.

Non è affatto facile superare la logica manichea che vede nella demonizzazione dell’avversario il solo mezzo per far trionfare le proprie idee, naturalmente queste ultime ritenute giuste e quindi appannaggio degli unti dal Signore, del popolo eletto, della razza superiore o della casta di turno.

Anziché programmarne lo sterminio occorrerebbe cercare di capire le ragioni del “nemico”, il che non vuol dire giustificarle o condividerle. Spesso però questo atteggiamento viene frainteso alla stregua di un modo di fare vile e rinunciatario.

La storia è piena di poteri forti, ideologie intraprendenti e decisioniste i cui adepti dicevano di battersi per un mondo migliore e sono caduti, travolti nel bagno di sangue che avevano procurato. Da questo elenco non escluderei le economie di predazione: le democrazie occidentali, primarie fautrici del colonialismo e gli imperi del bene, gli ayatollah del produttivistico-consumista e dell’eterna crescita che finiranno per condurre il pianeta alla rovina.

Si creda o no l’insegnamento di Cristo, lo sconfitto per eccellenza, dopo due millenni, spesso a dispetto dei suoi stessi fautori, resta ancora l’unico punto fermo. Purtroppo si tratta di un percorso che per la maggioranza è improponibile.

Come si fa ad amare il prossimo, specialmente quando si tratta di un nemico, quando giornalmente non riusciamo a sopportare neppure gli amici?



Crema, 21.1.2012

Walter Venchiarutti

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