Data: 20.06.2013

Autore: Piero Carelli

Oggetto: DI FRONTE AL MISTERO: “CREDERE” O “TACERE”?

Che cosa c’è in Oriente che noi occidentali non abbiamo?

L’Oriente folgora ancora, come folgora da millenni: ha catturato filosofi, scrittori, ha attirato – in un passato recentissimo – migliaia e migliaia di giovani hippies sulla scia di figure carismatiche.

Ma vale proprio la pena farsi abbagliare? Che cosa c’è di significativo nelle religioni orientali che non ci sia nel nostro “angusto” mondo occidentale? Il monismo? Il panteismo? Il Divino inteso come apertura al Mistero? Il misticismo? Non c’è bisogno di intraprendere viaggi più o meno virtuali o più o meno di moda, in Oriente: li troviamo tutti a casa nostra. E i valori? Se andiamo oltre le metafore (più o meno guerresche), non troviamo gli stessi valori che rinveniamo nelle tradizioni della filosofia occidentale e del Cristianesimo? Non sono nostri il primato della ragione sugli impulsi, la lotta dello “spirito” contro la “carne”, la sacralità della vita, la dignità di ogni singolo uomo, la solidarietà, l’amore…?

Superare la distinzione tra “fede” e “ragione”, tra “religione” e “filosofia”? No, grazie!

Che cosa andiamo a cercare, allora, in Oriente? Il superamento dell’autonomia della “ragione” rispetto alla “fede”, della “filosofia” rispetto alla “religione”? Perché mai? Non ci è bastato quanto di funesto ha provocato il “nostro fondamentalismo”? Si vuole superare la “relatività” del nostro “punto di vista” occidentale in un mondo in cui ci si rende sempre più conto che non esiste “la civiltà”, ma una pluralità di modi di pensare e di valori? Un’aspirazione - espressa molto bene dal prof. Torrero - legittima, ma… sono davvero compatibili il Cristianesimo e il Buddismo, il Cristianesimo e l’Induismo? Si possono davvero coniugare il Dio “personale” da un lato e il Dio-Tutto dall’altro1? La “sincresi” la si vuole trovare sul piano dei valori2? Qui torno al quesito di prima: esiste almeno un solo valore che sia “aggiuntivo” ai nostri? Dobbiamo arrivare a un confronto tra “filosofie” rinunciando - come suggerisce il prof. Torrero - al nostro “impianto storicistico” secondo cui il progredire umano “culmina nella civiltà occidentale”? Ma… ci sono davvero “filosofie” orientali confrontabili con ciò che noi chiamiamo “filosofia” nel mondo occidentale? Dobbiamo cercare, oltre l’approccio storico, oltre l’approccio esistenziale, il terzo livello “ontologico”, vale a dire quella “verità nascosta” che è comune a tutte le culture e che è “fondamento di ogni etica”? Facciamolo, ma dubito che siamo in grado (ha ragione Patrizia) e dubito che quel patrimonio etico che ci accomuna sia di più di quello che noi abbiamo consacrato nelle varie Carte sui diritti dell’uomo.

Si dirà che solo l’Oriente, col suo afflato “spirituale”, può essere in grado di guarire il “materialismo edonistico” dell’Occidente. Ma… non c’è abbastanza “spirito” nella nostra tradizione e siamo proprio sicuri che nell’Oriente ci sia più spiritualità che da noi? Si dirà che è solo la concezione spirituale dell’Oriente in grado di salvarci dal “materialismo scientifico”. Ma perché la scienza dovrebbe perdere l’autonomia che ha faticosamente guadagnato? La scienza, è vero, ha un ambito di azione molto ristretto, ma almeno è fecondo di risultati sperimentali. Si tratta di risultati limitati, provvisori? È questo, forse, un limite?

Religioni (occidentali e orientali) e filosofie: costruzioni umane per dare un nome all’“Enigma”.

È un limite il fatto che la scienza non sia capace di rispondere alle “domande di senso”? Dovremmo tuffarci nell’“irrazionalità” perché il “razionale” non ha gli strumenti per dipanare l’Enigma in cui siamo immersi3? Perché mai? La scienza non ci chiude affatto, anzi ci “apre al Mistero”: non è essa che ci rende socraticamente consapevoli di non sapere o, comunque, del poco che sappiamo? Si dirà che l’uomo avverte il bisogno di dare un nome al Mistero, di riempirlo di contenuti. Già, le religioni sono nate proprio per questo: per dare un volto all’Enigma. Da qui la creazione degli “dèi”: di un “Dio-Persona” che possiamo pregare e che ci può aiutare, di un “Dio-Tutto” di cui siamo delle parti, di un al di là… Tutte “nostre costruzioni” per riempire il “Grande Buco” che la scienza, nonostante gli straordinari progressi compiuti, scopre sempre più grande. Tutte “credenze” - diventate pesanti tradizioni (sia in Occidente che in Oriente) - per sopportare meglio il nostro fardello quotidiano.

“Miti” utili, ma non necessari

Credenze “utili” a detta dello stesso “blasfemo” Voltaire. Utili al popolo ignorante, direbbe lui. Utili anche all’uomo dotto, direi io. Utili, ma non necessarie. Si può benissimo vivere senza “credere” né nei miti religiosi occidentali né a quelli orientali e affidarsi alle argomentazioni razionali della filosofia. Anche la filosofia, è vero, è una costruzione umana che serve a tappare il “Buco”, ma la filosofia (una delle tante) cerca di “convincere” col ragionamento (per quanto possa valere un ragionamento del tutto “storico”). Si può vivere sulla base delle conquiste della scienza che, pur parziali e provvisorie che siano, possono convincere incommensurabilmente di più delle mitologie religiose e dei più o meno sofisticati ragionamenti filosofici.

Ma la scienza tace sul Mistero. Già: ma quale “mortale” ha parole da dire su di esso? Di fronte all’“Assolutamente Altro” (quand’anche ci fosse: il che non è per nulla escluso in linea teorica) non c’è che il “Silenzio”.

Il patrimonio comune è già noto: i “diritti umani”.

Parole in libertà, del tutto “soggettive”. Parole… “occidentali”, scritte in una contingente fase di ricerca di un individuo. Parole che esprimono un “credo”. Già: io “credo” che le religioni (tutte le religioni, anche quella religione - qual è il Cristianesimo - che è nata in Oriente, ma che poi si è occidentalizzata) siano delle magnifiche costruzioni“umane”, dei prodotti “storici”. Non “credo” a “verità nascoste” comuni, ma a un patrimonio di credenze comuni (in valori). Ciò che mi preoccupa è che la globalizzazione crescente in corso nei Paesi orientali arrivi a sradicare quei valori (che sono comuni ai nostri) e a imporre un unico valore, quello del dio-dollaro. È questa l’“interdipendenza” che sta vincendo, non quella culturale. Vogliamo contrapporre a questa interdipendenza una “filosofia interculturale” (per usare l’espressione del prof. Torrero)? Non c’è bisogno - a mio modesto avviso - di esplorare i meandri e la stessa “Babele” delle varie mitologie4 o cosiddette “filosofie”. Il patrimonio comune è già noto: i “diritti umani”. È solo facendo leva su questi che potremmo in qualche misura controllare la globalizzazione selvaggia in corso rendendola la più “umana” possibile e mettere in crisi i regimi totalitari.

Crema, 15 aprile 2008

Piero Carelli



1 La domanda-obiezione del prof. Giorgio Carniti nell’ultimo appuntamento del “Caffè” è illuminante.
2 Il sincretismo funziona all’interno dei valori occidentali: non sono coniugabili (e non sono stati, di fatto, coniugati) il liberalismo che esalta l’individuo e il socialismo che esalta, invece, l’istanza della giustizia sociale?
3 Condivido pienamente la posizione di Patrizia De Capua.
4 Una Babele presente non solo nelle storiche “interpretazioni” del Cristianesimo, ma anche nella stessa ortodossia cattolica: basterebbe leggere L’anima e il suo destino di Vito Mancuso per accorgersene.

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