Data: 22.06.2013

Autore: Paolo Ceravolo

Oggetto: R: L’OCCIDENTE E IL MONDO

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Riprendo anch'io le considerazioni fatte a seguito della relazione di don Giorgio Zucchelli nel Caffè Filosofico del 14 novembre 2005; collegandomi anche con l'intervento inviatoci via email da Tiziano Guerini.

Voglio premettere a onor di chiarezza che anch'io, come Guerini, sono un estimatore del lavoro di Emanuele Severino e ne condivido l'impianto e amo muovermi nel ragionamento seguendo quel filo.

I miei commenti alla relazione di don Giorgio Zucchelli insistevano sulla necessità di dare una più chiara collocazione al discorso sul relativismo. Nel senso che a mio avviso va detto con maggior precisione dove, nella nostra realtà attuale, il relativismo agisca, anche implicitamente, come filosofia o atteggiamento di vita. E quali implicazioni del relativismo siano da criticare, nel senso di quali aspetti sia utile far emergere perché la nostra coscienza e comprensione del reale ne abbia un guadagno.

Questo credo che si sia capito, non credo però di aver saputo comunicare tutte le implicazioni che lego a questa mia affermazione.

Innanzi tutto nego che passa essere utile oggi riproporre un dibattito sul relativismo come posizione metafisica dogmatica o come ideologia. Certo, come Guerini ci fa notare, riprendendo Severino, la scienza e la tecnica rappresentano attualmente lo sbocco più forte del percorso di ricerca della cultura occidentale. Scienza e tecnica risolvono brillantemente l'inquietudine di base del pensiero occidentale (quale fondamento giustifica la realtà fenomenica, dominata dall'apparente e dal diveniente?) attraverso una posizione metafisica basata sul probabilismo, ciò sul fatto che la conoscenza si rivolge verso ciò che si può prevedere e ripetere, senza nessuna necessità che questo abbia un fondamento causale identificato, con più forza si potrebbe arrivare a dire: una giustificazione metafisica. Insomma la scienza e la tecnica hanno a rigore di logica una implicazione metafisica relativista. Nonostante questo però io non credo che sia utile una critica alla scienza e alla tecnica su questo piano. Non è utile perché da un punto di vista gnoseologico la posizione è difficilmente attaccatile. D'altro canto, a mio parere, dire che scienza e tecnica vogliano e abbiano impilcazioni diverse da quelle gnoseologiche è un grosso errore. Certo in qualche circolo intellettuale si riterrà forse che questa posizione si ottenga direttamente una posizione metafisica. Ma non è così per l'insieme della nostra società, non è così per la gente comune.

Poiché il termine "metafisica" può essere letto secondo tradizioni e percorsi diversi, voglio chiare che per me ha una connotazione molto ampia. Metafisica è la ricerca del fondamento del reale, e da questo tipo di discorso nascono forti implicazioni sul piano morale (qual'è il fine dell'uomo e della vita?), da cui poi discendono implicazioni su tutti gli altri piani della conoscenza. In questa accezione, credo sia corretto dire che, a parte qualche intellettuale, abitualmente gli uomini non costruiscono le loro basi metafisiche a partire da percorsi razionali. È molto più comune trovare un proprio percorso pragmatico-morale e da qui costruirsi un orizzonte, una visione metafisica.

Allora, per concludere, io non credo che sia utile combattere il relativismo gnoseologico. Il relativismo che invece io credo pervada la nostra società è di un altro tipo. Se vogliamo, utilizzando un approccio filosofico, possiamo dire che questo relativismo tragga sempre origine dall'inquietudine del divenire, ma in un senso molto più pratico. Nel senso che l'inquietudine del divenire va allontanata dalla nostra coscienza, attraverso l'azione e il controllo materiale. Oggi il vero pensiero forte, più ancora che da scienza e tecnica, è rappresentato dall'Economia. L'uomo ha costruito il mito della suo progresso sulla base dell'idea di pianificazione, progettazione e controllo. Propagandando sottilmente l'idea della realizzazione personale attraverso l'accrescimento del possesso individuale (nella visione liberale la società è un contratto che regola le forme del potere personale degli individui che la compongono). Il percorso odierno poi ha portato alla schizofrenia del consumismo dove l'ansia del divenire non viene più controllata, ma spinta verso l'olio attraverso un possesso effimero, ma sempre rinnovato, di esperienze di soddisfacimento dei bisogni più o meno primari dell'uomo. Come tutti sappiamo, la necessità di dare all'ideologia del possesso materiale una forma rassicurante, ha condotto a spostare gli inevitabili meccanismi di dominio e sopraffazione oltre i confini delle organizzazioni statali dell'occidente (l'economia è il vero strumento di dominio dell'occidente, nel bene e nel male). Conducendo verso il dramma la storia de sud del mondo, che sempre più ci appare dover diventare la storia dell'intero mondo.

Questo è il relativismo che noi dobbiamo combattere. È un relativismo per il valore che pone è solo un idea utilitaristica che sia bene ciò che più permette di possedere. E a questo punto Dio (vero, buono e bello) ci viene in aiuto, come quella possibilità di sottrarci al dramma. Come quella possibilità di sottrarci all'ansia del divenire. La famosa opzione della scommessa di Pascal, non credo debba avere, almeno di primo acchito, implicazioni gneoseologiche, piuttosto le implicazioni sono morali. Dio è la possibilità che abbiamo per cogliere il divenire non come sottrazione, non come deperimento, ma come accrescersi, potenziarsi di vita. Dio è ciò che fonda la vita in radici gioiose, è ciò che ci insegna l'amore come solo cammino. Allora il divenire non è più un terreno da dominare il prima possibile, ma una terra da abitare e tramandare ai posteri.

Grazie dell'attenzione
Paolo Ceravolo

P.S. Sulla base di queste considerazioni mi permetto di proporre per prossimi incontri approfondimenti su temi più concreti della nostra attualità. La filosofia io credo sia cultura che nasce da una storia. Allora è importante capire la nostra storia di oggi. Per esempio credo sia importante capire l'economia, la società dell'informazione, la scienza, la politica, la sociologia di oggi. E lo sguardo filosofico su queste realtà, qualora eviti di essere presuntuoso, può proporre un percorso critico più completo di quello che viene fatto abitualmente all'interno di queste singole discipline.

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