Data: 23.06.2013

Autore: Piero Carelli

Oggetto: W RATZINGER!

Una caduta allarmante di tensione etica

W Ratzinger!

Come, anche tu tra i laici “devoti”? Anche tu tra i “camaleonti” alla Pera? No: nessuna conversione sulla via di Damasco. E… allora? Una sintonia con un papa “intellettuale”? Neppure. Non è il relativismo filosofico che mi preoccupa, ma la sua degenerazione: il qualunquismo (come afferma bene Jervis). Mi preoccupa (come educatore e come cittadino) la caduta allarmante di tensione morale che si riscontra soprattutto (ma non solo) nelle nuove generazioni. La crociata contro la dittatura del relativismo punta a riscoprire il primato dell’etica? Sia benvenuta! Non mi interessa più di tanto chi la guidi: un religioso o un laico. Non è in discussione qui la “religione”, ma qualcosa di più elevato, qualcosa che tocca tutti, credenti e “laici”.

Una “tradizione” da cui liberarci in nome dei nuovi “idoli”?

Una crociata in nome di valori “assoluti”? Non esistono valori “dati” - tanto meno “rivelati” -, né inscritti nella natura: i valori sono “costruiti” dall’uomo (piaccia o non piaccia!). Sono quindi… umani. Umani nel senso che valgono universalmente? Popoli diversi hanno costruito i loro valori sulla base di categorie culturali differenti. Il relativismo dei valori è un “fatto” (come è un fatto – per lo più - all’interno degli stessi popoli). E allora? Intoniamo un peana all’equivalenza dei valori, al… qualunquismo? Ma perché mai? Non viviamo in un mondo “platonico”, al di fuori della storia, ma apparteniamo ad una precisa tradizione europea e occidentale. Non è qui il caso di entrare nel dibattito sulle “radici” dell’Europa, sulla sua “presunta identità” (tutti i popoli sono “meticci”). Un dato, tuttavia, è certo: alcune culture hanno segnato più di altre la storia europea: dal pensiero classico al Cristianesimo, dall’Umanesimo all’Illuminismo. Sono i valori maturati in queste culture che costituiscono la nostra “tradizione”. Una tradizione da cui dobbiamo liberarci in nome di nuovi “idoli” (spesso più luccicanti) quali la tecnologia fine a se stessa, il “libero” mercato, il consumismo, l’edonismo? Ma perché mai? Perché non dovremmo salvaguardare il primato dell’etica sulla tecnologia? Perché non dovremmo salvaguardare il primato della etica sulla politica? E perché non dovremmo salvaguardare il primato della politica sull’economia?

È questo – a mio avviso – il senso profondo dell’accorato appello di papa Ratzinger: un forte monito a riscoprire i nostri valori occidentali ed a difenderli contro gli attacchi dei qualunquisti più o meno mascherati.

Non mi interessa qui – ripeto – indagarne le radici cristiane (magari non cattoliche) o anti-cristiane (meglio anticlericali). Un dato è certo: noi abbiamo alle spalle un patrimonio di valori preziosissimo. Nello stesso tempo, però, viviamo sotto il bombardamento di nuovi modelli culturali (provenienti in buona parte dagli Usa), modelli che, grazie alla potenza dei mass-media, ci vengono sottoposti con una forza talvolta superiore rispetto a quella esercitata dalla stessa tradizione. Possiamo rinunciare ai “nostri” valori in nome dei relativismo dei valori?

L’Europa: sempre più una… colonia americana?

L’Occidente – sottolineano Ratzinger e Pera – non si ama. È vero? Forse, sì. È l’Europa che rischia di più perché il suo patrimonio non ci rende secondi a nessuno, nemmeno alla “religiosa” America. È questa ricchezza di valori “umanistici” che rischiamo di perdere. È vero o no

che stiamo sempre più diventando una creatura a immagine e somiglianza degli Usa, vale a dire a immagine e somiglianza di un modello di capitalismo che fa sistematicamente violenza alla dignità umana e che accresce progressivamente il gap tra gli straricchi e i poveri?
che anche in Europa la categoria dell’“avere” sta eclissando la categoria dell’“essere”?
che il concetto di “bene” sta sempre più scivolando nel concetto di “utile” (spesso utile “privato”)?
che l’eticamente lecito sta sempre più coincidendo con il “tecnologicamente possibile”?
che il valore dell’“individuo” (radicato nel filone puritano) si sta sempre più affermando in netto contrasto con il diritto di altri e in barba al valore della solidarietà?
che i “valori” sono sempre più dettati dalle grandi “corporations”?
Non è dunque da prendere in massima considerazione chi ci invita a riscoprire il meglio della nostra tradizione, ad “amarlo”, a difenderlo con forza, magari esportandolo (non con la forza delle armi ma con la forza della testimonianza)?

È davvero impossibile affermare il “primato dell’etica”?

È l’uomo il “valore” supremo: ogni uomo (anche il più indifeso, il più… diverso). Non è intorno a questo valore che dovrebbero ruotare tutte le scelte, dalla politica all’economia?

Una battaglia di retroguardia, tipica dei laudatores temporis acti? Una battaglia contro i mulini a vento perché – al di là della nostra buona volontà – il mondo è sempre più creato a immagine e somiglianza del “dio mammona”?

L’impresa è di sicuro ardua. Potrebbe essere considerata addirittura… patetica. Ma… guardiamo un attimo indietro. Le migliori pagine della nostra storia europea non le abbiamo scritte con in mano la bandiera dei valori (diritti, doveri, laicità dello Stato…?) E non è di tali valori che abbiamo permeato la nostra migliore attività politica? Non abbiamo cioè anteposto l’etica alla politica e la politica all’economia?

È davvero impossibile riaffermare il primato dell’etica? È davvero impossibile “governare” l’economia sulla base di valori “umani”?

Un’impresa… titanica

L’impresa – lo ripeto – è ardua. Anzi, titanica se consideriamo che il modello economico imperante è oggi tendenzialmente diffuso “su scala planetaria” e che la politica è ferma (o quasi) all’ambito “nazionale”. Un’impresa, tuttavia, a cui non possiamo permetterci di rinunciare. Iniziando da quel cantiere aperto che è il processo di integrazione europea. È davvero utopico pensare ad un’Europa caratterizzata dal primato dei “valori” - dalla solidarietà alla qualità della vita -? È davvero utopico realizzare il “sogno europeo” prospettato da J. Rifkin nell’omonimo libro? È davvero utopico pensare ad un’Europa in cui la stessa ricerca scientifica sia orientata dall’etica?

L’etica: un bavaglio alla ricerca scientifica?

Ma… in questa logica – si potrebbe obiettare – non si tornerebbe ad imbavagliare la scienza, spazzando via la sua conquistata “autonomia”? Non si tornerebbe sotto le grinfie dei moralisti bacchettoni come al tempo della ierocrazia calvinista di Ginevra? Non si subordinerebbe la scienza alle chiese che si propongono come autentiche interpreti dei valori morali?

Nessun ritorno al passato. La laicità dello Stato è un valore irrinunciabile (contro qualsiasi tentazione fondamentalista), anche nello scenario della società post-secolare ben delineato da Silvano Allasia nella sua “magistrale” relazione del 10 ottobre u. s. Nessun ayatollah, di conseguenza, può e deve imporre valori allo Stato. Nessun Concistoro. Nessun Consiglio notturno alla Platone. A guidare la scienza non può che essere la “comunità dei cittadini”: sono questi che costituiscono lo “Stato” e sono questi che devono fissare le regole per evitare la violazione dei diritti umani. Ma il… “dialogo” sui valori (come auspicano sia Ratzinger che Habermas) dovrà esserci: anche tra i “credenti” – in quanto “cittadini” e i loro rappresentanti; anche tra le “associazioni” - quindi le stesse Chiese – e il parlamento. Un’indebita occupazione di campo da parte degli ecclesiastici? Perché mai? Perché mai i credenti – individualmente o associati – non dovrebbero sostenere con forza e a voce alta i “valori” in cui credono, tanto più se argomentati con una “logica umana”?

Una religione “nascosta” nell’interiorità della coscienza?

Perché mai la religione dovrebbe essere “nascosta” nel privato della coscienza? La “fede” – è vero – è un fatto privatissimo e, in quanto tale, non può e non deve entrare in parlamento, ma… perché i parlamentari credenti non dovrebbero sostenere con argomentazioni razionali i loro valori? E perché mai i cosiddetti “laici” dovrebbero avere paura dei pronunciamenti delle Chiese? Il “dialogo” non può che essere fecondo. Un dialogo, naturalmente, a 360°. Nel campo dell’etica non vi è nessuno che può vantare un monopolio: accanto ad autorevoli tradizioni “religiose” vi sono tradizioni, altrettanto autorevoli, in campo “laico” (tanto per semplificare).

Un’Europa senza “valori” è un’Europa senz’anima

Ben venga, quindi, il “dialogo”: un dialogo profondo, senza pregiudizi, un dialogo in cui gli interlocutori non si guardano in cagnesco (come nella campagna referendaria sulla procreazione assistita), ma attenti a cogliere il “meglio” degli altri “punti di vista”. Solo un dialogo del genere può spianare la strada al parlamento (l’unico organismo ad avere titolo, in uno Stato laico, a decidere erga omnes e nel rispetto di tutti) perché pervenga al livello più elevato di “mediazione” tra valori.

Un dialogo – ripeto – a 360°. Forse scopriremo che le varie tradizioni hanno in comune più di quanto le differenzia. Forse scopriremo – sul terreno dell’etica – di avere molto in comune con la stessa tradizione islamica (si legga il bel libro di Magdi Allam Vincere la paura). Forse scopriremo che la scienza (al di là delle rappresentazioni semplicistiche del “fallibilismo” popperiano) ha qualcosa da dire a tutti sulla “natura umana”. Forse scopriremo che la stessa ricerca scientifica potrebbe offrire degli input per ridiscutere il “valore” (“conquista di civiltà”?) dell’aborto.

L’Europa, senza “valori”, muore prima ancora di nascere. Un’Europa senza valori è un’Europa senz’anima: un mercato egemonizzato dalle multinazionali e basta. È troppo (tipico delle “anime belle”?) aspettarsi oggi un confronto alto sui valori?

Crema, 21 ottobre 2005

Piero Carelli
(un laico “non devoto”)

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