Confesso che la relazione dell’Imam di Milano dott. Rosario Pasquini (grazie per aver accettato il nostro invito), mi ha lasciato qualche perplessità (e questo era prevedibile), ma anche un certo vago timore. Dato per scontato che i “convertiti” manifestano sempre un eccesso di zelo nel proporre le loro convinzioni religiose, pur tuttavia l’insistenza sul carattere (pseudo) “oggettivo” e sulla “unicità” (assoluta) della fede islamica, non solo non mi hanno convinto, ma mi hanno fatto sorgere un certo scetticismo rispetto alle pur reiterate affermazioni circa “la tolleranza”che l’Islam manifesterebbe nei confronti delle altre religioni (almeno di quelle monoteiste degli Ebrei e dei Cristiani, di cui oltretutto l’Islam è profondamente debitore).
Ho apprezzato la radicalità di alcune sconfessioni rispetto al terrorismo ed agli equivoci a proposito del concetto di “guerra santa”, ma forse (al di là della assoluta buona fede del relatore) non poteva essere altrimenti.
Del tutto condivisa l’affermazione secondo cui la cultura occidentale è grandemente debitrice nei confronti della cultura araba: dalla “mediazione” fra filosofia greca e filosofia Scolastica, al determinante contributo – del resto collegato con la mediazione che si è detto – nei confronti della scelta scientifica del XVII secolo, e, ancor di più, del conseguente risvolto tecnico.
Mi aspettavo, invece, l’indicazione più puntuale di una incidenza precisa della religiosità islamica nella attualità: ho avuto l’impressione – forse mi sbaglio – di una religiosità rituale molto più “inattuale”e ideologica, di quanto a volte non appaia la stessa religione cristiana, e cattolica in particolare.
Il fatto, poi, che la affermata “oggettività” della religiosità islamica (“geometricamente demonstrata”?) sia stata collegata alla figura “filosofico-rivelata” della creatio ex nihilo, mi ha fatto quasi rimpiangere il “credo quia absurdum” della Scolastica ( e credo abbia fatto saltare sulla sedia il buon Piero Carelli!). La “creatio ex nihilo” è infatti una delle espressioni più equivoche della filosofia cristiana (di derivazione giudaico-neoplatonica ); ed inoltre è presente, in un modo o in un altro, in tante altre religioni, compresa anzitutto quella cristiana, , per cui rimarrebbe sempre il problema di quale scegliere fra le tante …
Un’altra obiezione – sempre legata alla presunta “razionalità” della fede islamica – è legata alla domanda: “quale merito, se la propria fede è provata dalla ragione?”. La fede è necessariamente un “credere senza vedere” (“beato chi avrà creduto senza aver veduto”), altrimenti l’adesione è un atto dovuto, non un fatto voluto. Una conseguenza (fra le tante) sarebbe il venir meno del “premio” o del “castigo” (Inferno e Paradiso anche per l’Islam) e quindi di qualcosa di essenziale per la stessa religiosità islamica e non solo.
Si potrebbe obiettare che tutti questi ragionamenti sono propri di chi è imbevuto della cultura occidentale, dalla quale bisognerebbe uscire per comprendere le altre culture. Rispondo: la ragione è momento essenziale per ogni cultura che intenda definirsi tale; con l’irragionevolezza non si va da nessuna parte e soprattutto non si costruisce alcuna cultura! In secondo luogo – l’ho detto all’inizio - anch’io sottolineo il fatto che la cultura occidentale della modernità sia debitrice nei confronti della cultura araba (filosoficamente e scientificamente), per cui i due atteggiamenti culturali sono più simili di quanto si possa pensare ad un semplice approccio superficiale.
E questo è il punto principale a cui volevo arrivare.
Data: 23.06.2013