Data: 23.06.2013

Autore: Piero Carelli

Oggetto: UN DIALOGO DIFFICILE, MA OBBLIGATO

Una provocazione

Qualche tempo fa, presentando un libro sulla globalizzazione, ho lanciato una provocazione: perché non creare a Crema delle occasioni di incontro-confronto tra "cristiani" e "musulmani"? Bruciante era ancora il ricordo delle immagini apocalittiche dell’11 settembre e forte il turbamento che mi aveva provocato la lettura de La rabbia e l’orgoglio di Oriana Fallaci. Un turbamento ulteriormente alimentato dal consenso che tale libro aveva riscosso nell’opinione pubblica. Che fare per allontanare lo spettro di uno scontro di civiltà? Che fare per evitare che il mondo islamico demonizzato dall’Occidente, si compattasse a fianco della componente fondamentalista? Non vedevo altra possibilità che aprire il dialogo con i musulmani "moderati" nella convinzione, tra l’altro, che ciò che accomuna le due religioni è molto di più di ciò che le divide.

Gli scheletri nell’armadio

L’incontro con l’imam di Milano mi ha fatto ricredere? Non posso nascondere lo sconcerto che ho provato. Uno sconcerto scontato. Per noi, figli del "disincanto", non ci sono più dèi, non ci sono più assoluti, non vi è più alcun "Sole": gli dèi sono creature umane, le fedi sono credenze costruite per soddisfare un bisogno di senso, delle belle illusioni…

Già, ma non siamo sempre stati così. Le "verità assolute" del dott. Pasquini ci appaiono inquietanti, ma è un fatto che tale atteggiamento mentale ha caratterizzato un filone importante della storia del Cristianesimo.

Sento già un’obiezione: in questo modo non scivoli nella logica dello stesso imam che ci ha sbattuto in faccia con violenza (in modo "intemperante", scrive Luca) gli scheletri che abbiamo nell’armadio? Perché rievocare un passato che non c’è più? Perché non parlare della Chiesa cattolica di oggi che, in più occasioni, ha chiesto solennemente perdono per le colpe commesse? Siamo senza dubbio cambiati. Siamo cambiati perché abbiamo vissuto, negli ultimi secoli, dei terremoti culturali che il mondo islamico non ha per nulla conosciuto: il Rinascimento, il liberalismo, l’illuminismo… col loro carico di valori quali la tolleranza, la libertà di coscienza, la laicizzazione della cultura, la laicizzazione dello Stato… Valori che anche la Chiesa, obtorto collo e non senza molte resistenze, ha dovuto riconoscere.

La dittatura del relativismo

Valori definitivamente acquisiti? Noi crediamo di sì. Non possiamo, tuttavia, nascondere che il nuovo papa è il paladino della lotta contro la "dittatura del relativismo". Che cos’è che si vuole combattere? Il politeismo etico in nome di un’etica assoluta? Il pluralismo di visioni del mondo? Il pluralismo di fedi?

Quello che può fare la Chiesa è affermare i suoi valori ai "suoi fedeli", ai "suoi credenti". Nulla di più: non può, certo, presentare la sua fede come la "Verità" e condannare la falsità delle altre. In un’epoca in cui tutto è "fede" (anche la matematica, anche la scienza), come sarebbe possibile sbandierare una fede come la Verità assoluta?

La nostra… insofferenza

Ci ha fatto sorridere il tentativo dell’imam di fornire una prova matematica dell’esistenza di Allah. Non dobbiamo, però, dimenticare che fino a ieri (chi ha la mia età se lo ricorda), anche da noi, le dimostrazioni "logiche" dell’esistenza di Dio furoreggiavano. Certo, nella nostra storia noi abbiamo anche il "credo quia absurdum" (come ha ricordato bene Tiziano), un filone che, per fortuna, ha assunto sempre più peso. Per noi, figli di Tertulliano, di Pascal, di Kierkegaard… Dio, se esiste, è nascosto e non c’è prova razionale che tenga: la fede è un salto nel buio e non può essere venduta come la "Luce".

Ci ha fatto anche sorridere sentire che Dio ha parlato in arabo e che le preghiere vanno recitate nella lingua araba del Corano. "Ingenui"? Certamente, ma… per noi il "latino" è stato per secoli la lingua del sacro e oggi vi è chi – anche molto in alto – nutre nostalgia per il latino come lingua liturgica. Indubbiamente, noi abbiamo avuto i Valdesi, Lutero (lo stesso imperatore Giuseppe II d’Austria che ha imposto la messa in lingua tedesca) e… il concilio Vaticano II, ciò che i musulmani non hanno conosciuto.

Incongruenze

È il caso di individuare le incongruenze interne all’Islàm? Tiziano lo fa e in modo intelligente. Io credo che le incongruenze siano comuni alle religioni. Anche il Cristianesimo ne ha. Anche il Cattolicesimo. Sono incongruenze – le nostre - che da tempo non accendono più dibattiti. Gli stessi ecclesiastici hanno chiuso un occhio (o tutti e due?) sulla "protestantizzazione" strisciante in atto nel mondo cattolico (perfino tra gli ecclesiastici). La fede è sempre più presentata come "testimonianza", come "proposta di vita" e molto meno come adesione a degli astratti dogmi (che sono legati inevitabilmente alla cultura del tempo).

Ciò che ci accomuna

Ora, se guardiamo le due religioni sotto il profilo degli stili di vita che ci propongono (al di là di divergenze dogmatiche che, tra l’altro, non sono molte: anche il Cattolicesimo, ad esempio, sostiene la tesi secondo cui la fede - che è ciò che ci rende "giusti" di fronte a Dio – è un dono esclusivo di Dio), noi possiamo trovare molto in comune: in primis (l’abbiamo sentito più volte dall’imam) la dignità di ciascun uomo, il no al dominio dell’uomo sull’uomo. È su questo terreno che dobbiamo lavorare per trovare una base comune.

L’ottimismo della volontà

L’incontro con l’imam, in altre parole, non mi ha fatto cadere nelle braccia della Fallaci. No. Credo ancor di più nella inevitabilità del dialogo, tanto più in una fase storica in cui l’Occidente si trova a convivere con un crescente numero di musulmani. Concordo con Luca: oggi abbiamo di fronte una "popperiana società chiusa". Dobbiamo, però, andare oltre il pessimismo della ragione. La chiusura non paga: anzi, potrebbe provocare altri 11 settembre. Occorre, dunque, non solo rispettarci a vicenda, ma anche ascoltarci e – perché no? – costruire qualcosa insieme. Non è affatto vero, tra l’altro, che tutti i musulmani siano chiusi, impermeabili. Non è affatto vero che vi sia un’unica "interpretazione" del Corano (ha ragione Luca a parlare di un Islàm plurale). Non sono pochi i musulmani trapiantati in Occidente (che io conosco) che, a contatto con valori occidentali, dimostrano un’apertura assolutamente inattesa. Io non ho dubbi, poi, che la "maturazione" (dal nostro punto di vista) dei musulmani possa avvenire in tempi molto rapidi (molto più rapidi rispetto ai nostri tempi secolari) e, spero, senza le lacerazioni che abbiamo vissuto noi europei. Ad accelerarla potrebbe essere lo stesso processo di globalizzazione in corso. Non si tratta, tuttavia, di una maturazione obbligata: la globalizzazione potrebbe anche accelerare lo scontro (anzi, fino ad ora, sembra sia prevalso proprio questo). Tocca a noi favorire l’incontro. Una scelta difficile, ma obbligata. È mai possibile che non vi sia alternativa alla lettura violentemente manichea della Fallaci?

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