Data: 24.06.2013

Autore: Giacomo Minaglia

Oggetto: Dominio della tecnica

Ascoltando gli interventi di molti amici convenuti qualche giorno addietro per l’appuntamento del Caffè su Africa e mito, mi sono sorpreso ad avere alcuni pensieri irriverenti e birichini.
Quasi ritualmente, mi era parso, venivano pronunciate frasi in cui la preoccupazione per il "..dominio della Tecnica .." (la maiuscola secondo me c’era) si rivelava fortissima, e veniva data per inevitabile una catastrofica riduzione delle diversità più varie, sia in ecologia che in cultura.
La Tecnica (secondo me con la maiuscola) pareva aleggiare quasi Spirito, di persona propria fornito, omnipervasivo, invicibile nell’ineluttabile divenire.
Per piacere, non facciamoci prendere dal panico!
Proviamo a togliere la maiuscola, la divinizzazione di più o meno distinti concetti è già stata operata altre volte, cerchiamo di evitare questa.
Se togliamo la maiuscola, e ragioniamo sulla ..tecnica.. e sui rischi di riduzione delle opzioni che sempre questa comporta, penso che si possa stare più tranquilli.
Riflettiamo sul nostro passato, sulla storia dell’umanità per quel che ne conosciamo.
La tecnica ha avuto non solo oggi, ma a volte molto di più in passato, enorme rilievo sulle opzioni umane: la capacità di accendere il fuoco, la rivoluzione agricola neolitica,la scrittura.
Cito solo alcuni dei passaggi in cui l’affermarsi di una tecnica ha avuto un impatto a parer mio superiore, nelle conoscenze, nelle organizzazioni sociali, nell’ambiente, a quello che stanno avendo gli innesti tecnici attuali.
C’ò stato sì un periodo in cui l’orizzonte delle opzioni è stato molto povero: quello ferino,quando i nostri progenitori avevano a disposizione solo il proprio sé fisico, le proprie membra, senza alcuna protesizzazione artificiale.
In quel periodo l’omologazione ad un solo modello di comportamento era ineluttabile,come lo è attualmente per,che so io,una società di scimmie.
La capacità di adottare tecniche (con la minuscola ed al plurale…) ha comportato un ampliarsi delle opzioni, in sostanza delle culture.
Alcuni miti legati alle stagioni ed alle società neolitiche di agricoltori dell’area mediorientale e mediterranea sono ancor oggi leggibili neanche tanto sottotraccia.
Ritengo che in Oriente persistano influenze di miti analoghi.
Attualmente più o meno tutta l’umanità sta adottando tecniche di comunicazione e organizzazioni produttive convergenti: non è la prima volta che accade, ripeto che il neolitico con le sue convergenze e conseguenze (accentramenti dispotici statali, rigide teocrazie, patriarcato etc.) c’è stato e lo abbiamo assorbito abbastanza bene.
Non ritengo che fino al tempo presente si debba parlar di tecnica, e per il futuro prossimo venturo di Tecnica; non vedo degli accadimenti di portata tale da giustificare un allarme rosso.
Ogni volta che una tecnica di grande importanza si impone per la sua utilità, certamente altre vengono abbandonate, e culture collegate vengono ad essere obsolete,ed in questo senso è vero che l’albero delle opzioni orizzontali si riduce.
Per lo più, non è che una tecnica si impone manu militari: ad esempio la scrittura si è imposta per la sua capacità di tramandare conoscenze meglio che attraverso la memorizzazione ed il racconto: gli aedi hanno perso ruolo rispetto agli scribi, ma ogni essere umano ora conosce migliaia di storie.
Accade anche, però e soprattutto, che dal nuovo tronco si generano una quantità notevole di nuovi rami, cioè di nuove opzioni culturali; non affermo che il processo sia sempre in positivo ed indolore.
La colonizzazione da parte degli Europei del continente americano sta a dimostrare che almeno in quel caso la demolizione delle culture locali, rimaste isolate per millenni da barriere geografiche, fu quasi completa e si accompagnò a genocidi.
Questo è stato un caso particolare, perché altre barriere geografiche di tale entità, che isolando infragiliscono anche biologicamente, non ci sono.
Pur consapevole delle sofferenze che l’incontro con le tecniche occidentali ha portato a molte popolazioni, non ritengo che siamo attualmente di fronte ad una catastrofe.
I cinesi e gli indiani stanno interpretando a modo loro gli apporti occidentali,e ritengo che sia ragionevole aspettarci non un appiattimento, ma una cultura sincretica dalle interazioni che si stanno sviluppando.
(sincretico,letteralmente, nominava la confederazione delle città cretesi, litigiose ma collaboranti in caso di necessità)
Vogliamo essere un po’ ottimisti, guardando al futuro prospettato dalle tecniche (con le minuscole), che gli uomini e le donne di questo pianeta stanno via via usando?
Questa volta sorridano gli amici; mi butto ingenuamente nelle previsioni futuribili, tanto per bilanciare il futuribile catastrofista.
In tempi medi la popolazione del pianeta si stabilizzerà (sta già accadendo), ed inquineremo di meno, visto che l’energia fossile non sarà disponibile per molto e per tutti, e più o meno si sa come produrre energia rinnovabile.
La vita media aumenterà sensibilmente, certo non saremo immortali ma tutti abbastanza longevi, e quindi mediamente più colti (ognuno nella sua variante, si capisce).
Il sistema solare verrà esplorato e progressivamente abitato; sembra una sciocchezza fantascientifica dirlo, ma ritengo che sia l’orizzonte ovvio, stante che ciò si può fare semplicemente con le conoscenze attuali, e stante l’immensità delle risorse energetiche e materiali che vi sono.
Con uno spazio enorme davanti a sé, e risorse intellettuali e materiali rilevanti, (comportanti tra l’altro la possibilità di conoscerci meglio l’un l’altro) l’albero della diversità di opzioni, in sostanza l’albero della libertà e diversità porterà molti rami.
Semplice estrapolazione di quanto sta accadendo.
Sarà un mondo migliore?
Ancora una volta siamo di fronte a scelte, e speriamo di usare le risorse in condivisione e rispetto reciproco.
Comunque, non mi pare che siamo complessivamente all’alba di un restringimento orwelliano.
Il grande fratello c’è, ma più che tragedia si tratta di farsa.
C’è un gran sole alla finestra, usciamo.

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