Data: 15.12.2013

Autore: Giuseppe Maridati

Oggetto: Rumore e silenzio

​La presentazione di Marco Ermentini di un suo poetico libretto ha suscitato grande empatia (anche la mia). Non me la sono sentita di turbarla con osservazioni pignole. Posso farlo in modo postumo?

​Prima pignoleria
Non ho letto il libro, ma dalla relazione ho dedotto che la tesi sottostante fosse: il silenzio favorisce la riflessione e l'autocoscienza (la quasi-felicità), mentre il rumore le impedisce.
​Chi si trova, per motivi professionali (avvocati, giudici, consulenti tecnici) o perchè è il soggetto passivo, ad occuparsi della tollerabilità delle immissioni sonore (nel caso specifico), sa che ciò che non è tollerabile non è tanto il rumore assoluto (i decibel "di fondo") quanto il rumore differenziale, che si staglia sul rumore di fondo. Chi abita di fianco ad una discoteca, o sopra un bar che diffonde musica, non riesce a dormire o fa fatica; eppure il rilievo strumentale dei decibel, rilevato dall'apposito servizio dell'ASL, rivela che il volume è contenuto nei limiti consentiti per quella zona. Il fatto è che la musica è un rumore "intelligente" e tiene desta l'attenzione più che il continuo passaggio di camions per un abitante a fianco dell'autostrada.
​E' capitato anche a ciascuno di noi, viaggiando in treno, di non riuscire a leggere il libro che ci siamo portati perchè le persone vicine a noi continuano a parlarle: eppure il treno fa un notevole rumore di fondo (che non ci disturba) e la coppietta vicino a noi bisbiglia.
​Certo un rumore violento crea una sensazione dolorosa, come una luce violenta, un odore violento, una sensazione tattile violenta(uno schiaffo), ecc.. Ma non mi sembra questo (la violenza intollerabile delle sensazioni) il tema di riferimento.
​Quindi, non il rumore assoluto ma il rumore differenziale ("intelligente") rende difficile la riflessione e l'autocoscienza (la quasi-felicità).
​D'altra parte anche il silenzio assoluto, salvo che per un breve periodo iniziale, non favorisce la riflessione e la quasi-felicità: i reclusi in isolamento stretto, senza comunicazioni attive e/o passive, dopo qualche tempo sono alla disperazione e alla pazzia.
​Un po' di rumore (piacevole o dissonante) è indispensabile alla nostra natura. Siamo animali socievoli e non solitari e silenziosi.

Seconda pignoleria
​Se la tesi che sto contrastando fosse vera, dovremmo concludere che un sordo è felice. Eppure nessuno di noi udenti si farebbe volontariamente ridurre alla sordità, e i sordi cercano di recuperare l'udito.
​Come è noto, i mass media stanno elaborando tecnologie per una sempre maggiore multimedialità, ovvero integrazione di messaggi visivi, sonori, e forse,domani, anche tattili.
​Non è affatto strano. La natura ci ha dotato di sensi diversificati e la pienezza della "sensazione" (anche della quasi-felicità che possiamo raggiungere) è connessa all'appagamento di tutti i sensi. Nessuno, per esempio, si sentirebbe appagato ammirando un piacevole "panorama", naturale o artificiale, a cui si accompagni però un odore sgradevole. Un piacevole "panorama" è più gradevole se accompagnato da un contesto sonoro melodioso (una bella donna è ancor più piacevole se ha una voce "melliflua"), ecc..
In sostanza, la pace con noi stessi, premessa per la riflessione e la quasi-felicità (non mi indugio qui a rendere ragione del mancato riferimento alla felicità in senso assoluto), è favorita, più che da una visione interessante nel silenzio, da una visione interessante melodiosamente accompagnata (se possibile).

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