Data: 17.12.2014

Autore: Luca Lunardi

Oggetto: Postilla

Laterale e non essenziale al nostro discorso, in nota a piè pagina non è del tutto improponibile almeno suggerire che, un giorno, dovrà finalmente imporsi all’attenzione che merita il valore documentario eccezionale che offre quello sconcertante oggetto che è il telo sindonico di Torino. Si badi: sconcertante per la scienza. Ancora a rischio di essere liquidato frettolosamente come un infantilismo apologetico che non potrebbe fungere da base empirica per corroborare le teorie “non mitizzanti”; noto perlopiù per il risultato scoraggiante di una datazione al radiocarbonio che è ormai stato radicalmente confutato, quel reperto vanta una messe di indagini e dati accumulati incredibile per quanto è convergente verso l’autenticità – tanto da farne uno degli oggetti in assoluto più studiati al mondo - senza che il vasto pubblico ne abbia ancora acquisito consapevolezza. Esito, da un certo punto di vista, relativamente anomalo stante la generale acquiescenza del sentire contemporaneo per tutto ciò che viene dalla scienza e dalla tecnologia, ma in questo caso, come in molti altri, a essere decisiva è la qualità della comunicazione e del trasferimento di conoscenza. Fisica, biochimica, biologia, anatomia, medicina legale, ematologia, traumatologia, botanica, mineralogia, archeologia, storia: lo stato attuale di tutte le indagini indipendenti attesta, con un margine di confidenza largamente superiore a quello minimo per considerare acquisito un risultato ottenuto con metodi scientifici, che si tratta di un tessuto di pregiata fattura che ha avvolto un ebreo flagellato e crocifisso nel I secolo dai romani in territorio mediorientale, con abrasioni diffuse alla testa, uno zigomo tumefatto, un ginocchio traumatizzato in corrispondenza del quale vi sono resti di terriccio di aragonite simile a quella presente nei dintorni di Gerusalemme, e una ferita profonda al costato; reca tracce di sangue del gruppo AB (raro ma relativamente più diffuso in medio oriente), pollini di svariate piante tipiche della Palestina e particolarmente dell’area di Gerusalemme, l’impronta di monete romane coniate sotto Tiberio, tracce di scritture datate a epoca anteriore al 50 d.C. tra cui si riconoscono “PEZω” (“io attesto”) e “NNAZAPHNNOΣ” (“nazareno”); l’immagine non è un dipinto, non è una stampa e ha le caratteristiche di un negativo fotografico con spiccati elementi di tridimensionalità. Quelle sopra sono solo una piccola parte, più “macroscopica”, di un reperto irriproducibile e un falso impossibile.

Nuovo commento