Data: 28.09.2015

Autore: Salvatore Dattilo

Oggetto: La prova psicologica dell'esistenza di Dio

Nel cap. 23 de "I Promessi Sposi" l'Innominato compie la propria conversione, incontrando il Cardinale Federigo Borromeo. Una pagina vertiginosa. Federigo afferma che Dio ha toccato il cuore dell'Innominato e questi reagisce con veemenza quasi blasfema, opponendo l'ultimo, inconsistente baluardo della ragione: «Dio! Dio! Dio! Se lo vedessi! Se lo sentissi! Dov'è questo Dio?». Ma Dio era nel suo cuore: lo agitava, lo opprimeva, lo tormentava e - ad un tempo - lo attirava.
Chi discetta dell'esistenza ontologica di Dio, per affermarla o per negarla con argomenti di stampo razionale, perde veramente il suo tempo. Dio esiste certamente - come problema o come esigenza - nel cuore, nell'anima di chi lo cerca, di chi lo sfugge, di chi sa d'averlo incontrato e di chi è certo di non poterlo trovare. Dunque non si può negare l'"esistenza psicologica di Dio", così straordinariamente descritta dal Manzoni.
Dio esiste nel pensiero, nell'anima dell'uomo, perché - dice la Bibbia - «Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò» (Genesi, 1, 27).
E non importa stabilire se questa immagine sia stampata nel volto o nell'anima umani: ci basta sapere che nel proprio volto (o nella propria interiorità) l'uomo può vedere l'immagine di Dio. E' la grande metafora dello specchio, insieme simbolo e strumento di "riflessione": "pensare" e "riflettere" sono sinonimi per il tramite di questo potente simbolo.
Ma in questo dualismo di "volto" e di "immagine" la riflessione stessa può divenire ambigua e accade di smarrire la posizione iniziale dei due termini: è Dio che riflette su noi la propria immagine o siamo noi che diamo un volto a Dio? Ancora una volta la grande letteratura sa esprimere il dubbio dell'anima: nell'"Eneide" (IX, 184 e s.) Virgilio ci presenta Niso ed Eurialo, amici inseparabili, trepidanti alla vigilia della decisiva battaglia fra i Teucri e i Rutuli. Insieme agitato ed eccitato, Niso, nel mistero della notte, chiede all'amico, forse bisbigliando: «Sono gli Dei, che accendono così le nostre menti, o ciascuno di noi trasforma in un Dio la propria folle passione?».
Grande, fondamentale domanda, a rispondere alla quale ciascuno è chiamato, assolvendo a quel dovere perentoriamente ricordato dalla più celebre iscrizione di tutti i tempi, che campeggiava sul frontone del tempio di Apollo a Delfi: "Conosci te stesso". Conoscendo te stesso - ci verrebbe da chiosare - conoscerai il tuo Dio.
Ma proprio qui sta un altro punto forte della riflessione che andiamo facendo: l'uomo di oggi è in grado di ripiegarsi in se stesso, rientrando nella propria interiorità per riappropriarsene? Sant'Agostino (un autentico "esistenzialista" cristiano ante litteram) assicura che questa operazione, se riesce, ci farà trovare la luce della verità, che abita in noi. E' lecito, tuttavia, dubitare che, da solo e senza aiuto, l'uomo d'oggi sia capace di muoversi in quella direzione interiore: come può trovare il silenzio necessario? Oggi si è troppo richiamati dalle sirene mediatiche, dalle mode e dalle apparenze esterne, da continue dicerie non verificabili. L'uomo d'oggi è, più che mai, sconosciuto a se stesso. San Paolo, iniziando la missione ad Atene, vide un tempio dedicato "al Dio Ignoto" e così ebbe modo di attrarre l'attenzione degli scettici Ateniesi, annunciando loro che avrebbe rivelato la vera essenza di quel Dio, che, pur sconosciuto, essi veneravano (Atti, 17, 23).
Anche noi, come gli Ateniesi incontrati da Paolo, cerchiamo aiuto a conoscere l'essenza del Dio Ignoto: cioè la forma e il senso della nostra umana esistenza. Ci servirà rientrare in noi stessi per scavare l'oscura pietra che contiene la luce del vero. Se non ne siamo capaci, cominciamo almeno a rientrare nel chiuso e nel silenzio della nostra stanza e rimettiamoci a leggere.

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