CRONACHE DELLA PESTE NERA. DIALOGHI DI SOPRAVVISSUTI - QUADERNO N° 17 DEL CAFFE' FILOSOFICO

10.12.2018 21:00
"Ebbi  occasione  di  conoscere  la  contessa  Margarete  von  Kupfer  alcuni  anni  fa,  in occasione  di  un  Gala  di  beneficenza  organizzato  da  mio  padre. La  contessa  mi  pregò  di leggere  un  testo  da  lei  scritto,  contenente  “alcune  conversazioni  di  tipo  filosofico  o  cose del  genere”,  come  le  definì.  Non  credevo  che  la  contessa  si  fosse  mai  interessata  di argomenti filosofici e le confessai il mio stupore. La contessa rise e precisò che in realtà lei non  aveva  scritto  quasi  nulla,  a  parte  alcune  annotazioni  estemporanee.  Si  era  limitata  a trascrivere  alcuni  dei  dialoghi.  Mentre  sfogliavo,  le  chiesi  chi  fossero  quei tre  che parlavano  tra  loro.  Mi  disse  di  non  averli  mai  visti  prima  di  allora.  Scrissi  alla  contessa: "Cara Margarete, vi confesso che la lettura del testo che mi avete consegnato ha suscitato in me reazioni ambivalenti”.
 
Un testo misterioso che raccoglie i dialoghi dei sopravvissuti alla peste nera che nell’anno del Signore 2017 dilaga per le nostre città.
 
 
Al bar brindisi augurale offerto dal Caffè Filosofico.

Dibattito

Data: 03.01.2019

Autore: Luca Lunardi

Oggetto: NOTA DI SERVIZIO

Chi voglia proseguire il dibattito in questa sede può farlo molto più efficacemente partendo dalla sezione in calce ("Partecipa alla discussione..."), registrando nome e indirizzo mail. In tal modo, a ogni nuovo commento si riceverà notifica.
Si invita anche chi ha è già intervenuto a copiare i propri commenti nella nuova sezione, così da permettere la rimozione della vecchia modalità e migliorare la fruizione generale.

Grazie, cordialità

Data: 03.01.2019

Autore: Guido Antonioli

Oggetto: R: DIZIONARIO PESTIFERO

Volendo sintetizzare l’analisi critica di Lunardi al nostro libro, si potrebbe dire così:

Dizionario pestifero

1 – Cospirazione - Il testo è l’ennesima variante della teoria cospirazionista o complottista. Cioè, dietro le difficoltà della società moderna si vede l’azione di agenti potenti e invisibili – economici, finanziari, diabolici… Questa spiegazione semplicistica e irrazionale permette di non affrontare la complessità dei problemi reali.
2 – Educazione – Il testo è l’ennesima variante del vecchio adagio “Ah, i giovani d’oggi “(ossia: “Ai miei tempi”). Quindi, niente di nuovo e niente di “scientificamente dimostrato”.
3 – Epistocrazia – Il testo sembra auspicare un governo di saggi. Mah…
4 – Famiglia – Il testo esprime preoccupazioni condivisibili (omogenitorialità, uteri in affitto, aborti…) ma ricade nel cospirazionismo (teoria ‘gender’, che non esiste) e sbaglia ad associare i problemi reali succitati con fenomeni innocui (come omosessualità, identità di genere attenuata…)
5 – Libertà – Il testo sostiene che l’uomo di oggi è meno libero perché è governato o condizionato da poteri che lo manovrano creando una mera illusione di libertà (solita tesi cospirazionista). In realtà l’uomo non è mai stato così libero e prova ne è che gli autori hanno potuto scrivere questo libro. Di fatto, la tesi del libro – che oggi vi sia meno libertà che in passato – è solo retorica illiberale e antidemocratica.
6 – Ragione – Citazione di Leopardi sui limiti della ragione. Quale ragione? Boh…
7 – Razza – (Non si capisce bene, comunque le opinioni degli autori non reggono)…
8 – Retorica – Gli autori fanno uso di preziosismi retorici, finzioni e divagazioni letterarie, per convincere la gente, ma la sostanza del messaggio è cinica, priva di amore, di carità, di speranza.
9 – Scienza – La scienza è un’attività nobile, umile, onesta e non si può, come fa il testo, sospettare che la scienza oggi sia collusa con interessi economici o che abbia creato una nuova sorta di fideismo (in un progresso tecnico scientifico illimitato) che è in conflitto con istanze spirituali più profonde. In ciò il testo sarebbe l’ennesima variante di spinte irrazionali sempre rinascenti che, non casualmente, si associano a totalitarismi crudeli e sanguinari.
10 – Tecnologia – Non è vero che i vari dispositivi elettronici che ci circondano siano in sé dannosi per la formazione dell’essere umano, delle sue facoltà cognitive e relazionali più profonde. Dipende solo dall’uso che se ne fa. Ognuno può spegnerli quando vuole.
11 – Utopia – Gli autori sembrano desiderare un ritorno a immaginarie Età dell’oro, ignorando che non sono mai esistite e prendendosela col progresso, chiudendosi nelle certezze convenzionali di un clan. Questo a conferma della loro natura irrazionale, nemica delle novità e della democrazia.
Non voglio discutere su come e su quanto questa analisi sia enormemente lontana dal vero, caratterizzandosi purtroppo solo come una mera opera di distruzione pregiudiziale e banalizzante di quanto da noi affermato attraverso i dialoghi. Mi limito ad una citazione a me cara:
“Tutt’altro mi sarei aspettato, fuorché sentirmi volgere in dubbio le osservazioni ch’io faceva in quel proposito, parendomi che la coscienza d’ogni lettore dovesse rendere prontissima testimonianza a ciascuna di esse. Solo immaginai che nascesse disputa dell’utilità o del danno di tali osservazioni, ma non mai della verità: anzi mi credetti che le mie voci lamentevoli, per essere i mali comuni, sarebbero ripetute in cuore da ognuno che le ascoltasse. (…) Gli uomini universalmente, volendo vivere, conviene che credano la vita bella e pregevole; e tale la credono; e si adirano contro chi la pensa altrimenti. Perché in sostanza il genere umano crede sempre, non il vero, ma quello che è, o pare che sia, più a proposito suo. (…) E gli uomini sono codardi, deboli, d’animo ignobile e angusto; docili sempre a sperar bene, perché sempre dediti a variare le opinioni del bene secondo che la necessità governa la loro vita; prontissimi a render l’arme, come dice il Petrarca, alla loro fortuna, prontissimi e risolutissimi a consolarsi di qualunque sventura, ad accettare qualunque sorte più iniquia e barbara, e quando sieno privati d’ogni cosa desiderabile, vivere di credenze false, così gagliarde e ferme, come se fossero le più vere o le più fondate del mondo”.
Chi vuol capire, capisca, ma temo che non ci sia peggior cieco di chi non vuole vedere.

Data: 03.01.2019

Autore: Luca Lunardi

Oggetto: R: R: DIZIONARIO PESTIFERO

Guido, grazie per la lettura.

In realtà, non ho alcun motivo per credere che il mio commento avrebbe potuto far sorgere qualche dubbio negli autori, ma sembra che per te (come per Leopardi) il "vero" sia “manifesto” e gli altri siano ciechi o ingenui. Ti limiti a scrivere di "mera opera di distruzione pregiudiziale e banalizzante", ma sei tu a banalizzare. Lo deduco dalle tue osservazioni. Ho letto due volte il vostro libro molto attentamente, e ho dedicato tempo a riflettervi, quindi nessun pregiudizio e nessuna banalizzazione da parte mia – al contrario, lo prendo molto sul serio.
Sono pronto a ricevere critiche nel merito, ma, mi dispiace, non le trovo qui.

Data: 03.01.2019

Autore: Livio Cadè

Oggetto: R: DIZIONARIO PESTIFERO

Caro Luca, tu dici che Guido ha banalizzato. A ma sembra abbia distillato i concetti presenti nel tuo dizionario, denudandoli di parole superflue. Se quel che resta appare banale non è colpa sua. Mi pare infatti che tu svolga il ruolo di defensor fidei, fede nella scienza, nel progresso, nella democrazia, nella libertà ecc., cioè nelle più evidenti mitologie moderne, opponendo alle tesi del libro gli stereotipi correnti - direi gli ‘imprescindibili’ del mainstream - più che solide confutazioni. Questi classici tòpoi sembrano nascere nel tuo scritto da un fiducioso dogmatismo e sostenere pregiudizi più che ragioni.
È in fondo uno scritto polemico, non argomentativo.
Io non dubito che tu abbia letto il libro con attenzione due volte, ma suppongo che la seconda sia servita solo a razionalizzare la tua istintiva ripulsa e a cercare un modo di formalizzarla.
Vorrei usare le parole di un grande tiranno e sterminatore (quello che io sono in potenza, secondo Luca), Napoleone: “Io non mi offendo punto che mi contraddicano; ma cerco che mi rischiarino.” Questo dizionario non chiarisce nulla, solo esprime la fede dell’autore in alcuni dogmi della moderna laicità e la sua ostilità viscerale per chi ne dubita.
Dunque Luca mi perdonerà se non ho trovato nelle sue parole veri argomenti coi quali confrontarmi.
Mi sembra però di poter criticare l’approccio intellettuale di fondo, che attacca le tesi del libro dando per evidente, scontata, la loro falsità e la loro pericolosità (“queste cose non si possono né dire né pensare”, sembrerebbe). Si percepisce una sorta di rifiuto ideologico e sentimentale, anche se Luca riporta citazioni, riferimenti dotti, a volte usando l’alibi della non dimostrabilità scientifica.
Vorrei dire anche che se qualcuno mi immagina ostile alla scienza, alla ragione, alla libertà, non ha capito nulla di me. Io cerco solo di indicare i limiti intrinseci di questi concetti e di evitare di farne degli idoli, come oggi accade. E vorrei che anche il ‘progresso’, l’economia, la tecnologia ecc. fossero legate ai reali bisogni dell’uomo e non altri idoli cui sacrificare la nostra felicità. Luca direbbe probabilmente che non sono idoli ma solo funzioni utili di una società che evolve.
Non vorrei però avviare una serie di botte e risposte, a meno che Luca non lo reputi necessario. In fondo, se Luca è riuscito a convincere qualcuno della malvagità di questo libro, io non voglio convincere nessuno della sua bontà.

Data: 03.01.2019

Autore: Luca Lunardi

Oggetto: R: DIZIONARIO PESTIFERO

Livio, grazie anche a te.

Mi farebbe grande piacere avere la conferma di non avere capito nulla di te, qualora tu non fossi ostile alla ragione, alla scienza, alla libertà. Se permetti, anche io potrei scrivere che il pensiero che io possa “idolatrare” la lavatrice o il fondo pensione è altrettanto ridicolo. Il problema non siamo io e te. Il problema è che ciò che scrivi su ragione, scienza, libertà fa pensare che non diamo affatto lo stesso significato a quelle parole, oppure che siano da onorare in modo piuttosto diverso nella pratica. Queste incommensurabilità terminologiche e concettuali continuano a tenerci distanti.

Solo una breve aggiunta. È vero che alcuni argomenti sollevano la mia istintiva ripulsa. Sono certo che anche tu provi lo stesso per altre questioni – è perfettamente normale. Ciò che accetto meno è usare questo umano istinto per tacciare l’interlocutore di dogmatismo, pregiudizio o sentimentalismo in ogni comunicazione. Anche io penso che talune tesi del libro siano dogmatiche e aggressive, ma non per questo le ritengo frutto dei moti viscerali di tizio e caio. Le giudico in sé per ciò che penso rappresentino. Naturalmente, penserai che in realtà non è così e che è l’ennesima razionalizzazione a posteriori. Tronchiamo sul nascere questa dietrologia.

Nemmeno io voglio botte e risposte, anzi vorrei che qualcun altro intervenisse (non avendo nessun bisogno di farsi convincere da me della “malvagità” del libro) perché questo non è un affare tra me e gli autori. Quindi chiudo qui, perché non penso sia utile rimanere nella nostra gabbia.

Data: 03.01.2019

Autore: Livio Cadè

Oggetto: R: DIZIONARIO PESTIFERO

Mi dispiace che tu l'abbia presa male. È normale provare un istintivo rifiuto per certi discorsi, capita a tutti, e io non ti rimprovero questo. Io lamento, lo ripeto, la mancanza di argomenti nella tua critica al libro, o meglio l’uso di argomenti dogmatici, preconcetti, per te così auto-evidenti che non senti la necessità di spiegarli. Io mi chiedo invece donde nascono queste certezze. È per me un problema intellettuale, indipendentemente dai moti viscerali che ti possono portare a rifiutare il libro. Non sarebbe incoerente in uno come me, che diffida della ragione e crede nella rivelazione, richiamarsi a verità dogmatiche, ma lo è in chi vuole dimostrare 'razionalmente' la falsità o la inconsistenza di alcune tesi. Potrei discutere punto per punto il tuo dizionario per chiarire questa mia critica, ma temo sarebbe terribilmente prolisso e, certo, c'è il rischio di chiudersi in una gabbia.

Data: 03.01.2019

Autore: Ivano Macalli

Oggetto: R: R: DIZIONARIO PESTIFERO

“ Dibattito interessante quello tra Luca, Guido, e Livio, e Piero, che prima denuncia una recensione feroce del libro, poi ne tesse le lodi dichiarando che mai lo destinerebbe al rogo, considerandolo un dono prezioso, pur concordando con le tesi di Lunardi, secondo Cadè non sufficientemente argomentate. In effetti rileggendo con più attenzione il dizionario di Lunardi credo che il commento di Piero sia pertinente. Come ho trovata perfetta, o quasi, la sintesi di Guido al commento a riguardo. Quindi nessuna banalizzazione per me, se non, come dice Cadè, una sottrazione di parole utile al veloce confronto, ma dopo aver letto attentamente il libro. Che ripeto, non dice niente di nuovo conoscendo gli autori. Come invece mi stupisco di Lunardi, un tempo, mi pare, non così strenuo difensore della modernità. Magari non ricordo bene, ma alcuni dogmatismi mi sembrava che si potessero estrapolare dai suoi vecchi interventi su Cremascolta, fosse la sua ottica di fede sia la difesa di alcune tradizioni, o lo stupore di fronte ad un mondo in fisiologica trasformazione, non quindi come dice ora, risultato quindi di disegni strategici di un deus ex machina difficilmente identificabile se non in un’ottica di complotti planetari. Inutile che dica, anche se potrebbe non interessare a nessuno, che sgombrato il campo da pregiudizi anche nei confronti di Luca, sono dalla sua parte, pur ammirando la coerenza degli autori. Coerenza fortunatamente innocua, non socialmente pericolosa, assolutamente non in grado di sovvertire questa “modernità” che a dir loro, sarebbe in toto o quasi da bandire da quest’epoca di conseguenti abortisti, insegnanti tutti di sinistra, teorie gender, consumatori forsennati e condizionati da chissà quali meccanismi costruiti a tavolino, quindi ingannati dal proliferare continuo di social inoculatori di chissà quali falsità. Tutto questo per dire cosa ai nostri autori? Per dire che, non essendoci mai stata un’età dell’oro (anche Lunardi), io son ben contento di vivere in quest’epoca, con tutte le interruzioni o compromessi tipici della parola a tutti, della democrazia come l’abbiamo costruita insomma, quindi ben consapevole che vicini al baratro della contemporaneità ancora non abbiamo toccato il fondo, come è successo in epoche precedenti. E contestare a Lunardi che non argomenti, preferendo semplicemente affidare le sue parole alla negazione tout court del pensiero degli autori, mi sembra più stizzoso che altro. Spesso dire “non sono d’accordo” è sufficientemente argomentativo, anche per non annoiare chi legge.”

Data: 03.01.2019

Autore: Livio Cadè

Oggetto: R: R: R: DIZIONARIO PESTIFERO

È vero. In effetti, Luca avrebbe potuto semplicemente dire “non sono d’accordo” o "non mi piace". Gli uomini sentono, pensano e credono cose diverse e questo di solito non ha una causa razionale. Luca ha invece voluto razionalizzare il suo dissenso, come a fornirgli una base solida e dimostrata. Ma gli argomenti usati mi ricordano il barone di Münchhausen che si solleva tirandosi per il codino.

Data: 22.12.2018

Autore: Piero Carelli

Oggetto: Due chiose a margine di “Cronache della peste nera”

Una considerazione preliminare: felice l’idea di Rita di fare da cornice narrativa.

Io, confesso, ho avuto il privilegio, assieme agli amici del Direttivo del Caffè filosofico, di leggere il file in anteprima, per cui non sono stato sorpreso delle affermazioni espresse dagli autori nella serata di ieri.
Ho, comunque, deciso di iniziare a rileggerlo su carta (i miei occhi preferiscono la carta al pc) e posso già esprimere una impressione dopo avere letto le prime pagine. Dal mio punto di vista, non vedo nulla di scandaloso nelle affermazioni relative all’eterologa, all’utero in affitto, alla genitorialità per dei gay. Sono osservazioni che possono essere condivise da un’ampia gamma di persone, a prescindere se siano o no “spiritualiste”.
In altre parole, sul piano teorico, potremmo essere d’accordo quasi tutti (potrei anche sbagliarmi), ma il problema è “come” affrontare tali problemi da parte del legislatore.

Puntualizzo: il legislatore italiano (parlamentari spiritualisti e… appestati) ha escluso dalla legge sia la fecondazione eterologa (provate a rileggere la legge 40 e lo vedrete), sia l’utero in affitto (ancora legge 40) sia la genitorialità per le unioni gay (sanno tutti che la stepchild adoption è stata stralciata dal disegno di legge sulle Unioni civili.

Sono stati i magistrati con le loro sentenze, che, navigando nel mare delle leggi, in particolare tra quelle che garantiscono la tutela del minore, hanno dato la “loro interpretazione”.

Si può tornare indietro? Certo che si può: proprio perché i magistrati hanno solo il compito di “applicare” le leggi decise dal “legislatore”, basterebbe togliere quei riferimenti legislativi che hanno fino ad ora fatto da supporto alle sentenze in questione.

Ma… è proprio facile tornare indietro in un mondo in cui tutti hanno la possibilità di viaggiare, di andare in Canada (o altrove) dove una donna che si presta a… vendere il suo utero (anche se questo “vendere” è proibito anche in Canada)? Che fare, una volta il… padre biologico è rientrato col figlio concepito grazie all’utero di una donna estranea al concepimento? In questo caso, visto che la stepchild in Italia non è consentita, si dovrebbe non riconoscere l’adozione da parte del partner?

Non voglio entrare nel labirinto dei problemi giuridici di cui non sono competente: intendevo solo “porre il problema”. Giusto per capire.



Continuo a leggere alla ricerca di chi o di che cosa è… appestato.

Dalle mie prime considerazioni risulta (almeno a me) che le leggi in questione sono esenti dalla peste.
Ed è esente anche la 194 perché fa proprio l’assunto espresso chiaramente dai nostri autori secondo cui vale il no all’aborto. In effetti è proprio la legge 194 che in modo esplicito sostiene che l’obiettivo della legge stessa è quello di rimuovere le cause che conducono all’aborto, riconoscendo solo – in attesa che siano rimosse le cause – delle eccezioni riconosciute dagli stessi autori delle “Cronache della peste nera”. Ed è la legge 40 che riafferma in modo evidente il principio secondo cui vanno tutelati tutti i soggetti coinvolti nella fecondazione assistita, incluso il concepito.

Che poi tale legge sia stata “interpretata” (con la complicità di tanti soggetti) in modo estensivo, in modo tale cioè da giustificare ogni aborto è un fatto.

Un fatto denunciato da anni anche dal sottoscritto: sono da considerare quindi un “non appestato”?

Una puntualizzazione in tema di aborto.

Non è scontata, a mio avviso, l’affermazione secondo cui la legge che ha previsto la possibilità di abortire abbia avuto come effetto l’uccisione di milioni di feti nel mondo: gli aborti, infatti, ci sono sempre stati (parlo di quelli procurati, non di quelli spontanei), anche se erano clandestini perché contro la legge. Non sappiamo, naturalmente, quanti fossero (per definizione, essendo clandestini, non erano quantificabili). La legge sull’aborto ne ha prodotto di più o di meno? Non abbiamo elementi di confronto.

Altra cosa, invece, è affermare che la legge in questione, avendo… legalizzato l’aborto, abbia reso l’interruzione della gravidanza un atto “leggero”, riducendo il senso di colpa.



Leggo poi che c’è in corso un attacco su più fronti contro la famiglia.
Sulla base di quanto ho fin qui analizzato, posso dire che non vi è alcuna legge italiana che riveli questo attacco. Se questo attacco c’è, c’è nella società, non nel parlamento.
Il parlamento italiano, a prescindere dalle maggioranze, ha sempre varato leggi – mi riferisco alle leggi eticamente sensibili che hanno a che vedere col modello di famiglia – di grande equilibrio e rispettose della sensibilità etica dell’opinione pubblica italiana (altro che la globalizzazione ha spazzato via le radici etiche del popolo italiano!).
Se – per stare nello spirito del pamphlet che sto esaminando con grande serietà (considerato che è stato scritto con grande serietà) – dobbiamo cercare un luogo dove stare lontani dalla peste, questo luogo è di sicuro il parlamento “italiano”.

Non ho competenze per addentrarmi nella legislazione di altri Paesi e quindi non mi addentro (ma bastano pochi Paesi a riconoscere la pratica dell’utero in affitto che tutto il quadro internazionale cambia considerato che oggi la gente viaggia molto più di anni fa).

Guardiamo fuori dal parlamento italiano: esiste la peste? Esiste, in altre parole – stando ai temi circoscritti di cui prima – l’attacco alla famiglia tradizionale? Un quesito a cui non è agevole rispondere.

Le convivenze sono un attacco alla famiglia tradizionale? Non lo so: dal mio punto di vista, le convivenze potrebbero rafforzare la solidità del rapporto affettivo tipico (?) della famiglia tradizionale in quanto fase “propedeutica”, “sperimentale” (come si fa un salto così alto – quello di una vita familiare – se non si esperimenta lo stare insieme?). E poi, a prescindere da ragioni morali (ma quali, oggi, in una fase in cui anche la Chiesa riconosce il ruolo prezioso dell’eros?) occorre individuare i fattori economico-sociologici che sono alla base di tali convivenze: il moralismo non serve (ma riconosco che anche tra gli autori non esiste alcuna traccia di moralismo).



Si attacca il modello tradizionale di famiglia riconoscendo il diritto a convivere, tutelati dalla legge, due omosessuali con le cosiddette “unioni civili”? A me pare di no: quel comportamento che fino a non molto tempo fa (e ancora oggi in determinate culture o religioni) era oggetto di condanna (anche di condanna a morte), oggi è tutelato dalla legge. Sono le… quattro “unioni civili” che in Italia stanno scardinando la famiglia tradizionale? Naturalmente no e lo sanno di sicuro anche gli autori del nostro libro.

E allora? Siamo di fronte a una scandalosa campagna pubblicitaria della lobby dei gay che dopo avere ottenuto il riconoscimento giuridico della unione civile punta a esaltare tale comportamento come un “modello” da seguire (vendendo come “in” tale modello)?

Siamo di fronte a un complotto per imporre nell’opinione pubblica il “modello gay”?
La teoria del complotto è storicamente la risposta più semplice ai problemi (a cui hanno fatto ricorso, tra gli altri, dittatori come Hitler).

È un dato di fatto che il cinema sta sfruttando molto il tema dei gay, un fatto che io attribuirei (posso sbagliarmi) allo scopo di far cassetta: come in un certo periodo storico si faceva cassetta sfruttando il sesso (anche in film di qualità come “L’ultimo tango a Parigi”), il nudo prima femminile poi maschile. O anche solo un modo per “provocare”, per ritagliarsi uno spazio nel panorama cinematografico…
È in questa logica che vedo anche il recente film di Guadagnino (“Call me by your name”) in cui l’omosessualità viene presentata come una tendenza nascosta insita in tutti gli uomini e che può emergere se si verificano certe occasioni (ricordiamo il discorso finale del padre di uno dei due protagonisti), in qualche misura una rilettura in chiave attuale di una teoria freudiana.

Ripeto: mi sento lontano dalle teorie complottiste (o complottarde): mi paiono una risposta che chiude tutto, quando invece la realtà è molto più complessa delle nostre etichette o classificazioni.

Un cenno solo al tema della teoria del gender più volte evocata dai nostri autori.
Confesso di essere stato del tutto indifferente a tale tema perché mi sembrava talmente assurdo da non essere degno di essere preso in considerazione. Poi ho avvertito il dovere (uno che di… professione fa ricerca, non può rimanere legato ai suoi pre-giudizi) di capire qualcosa e ho letto un libro ad hoc di Michela Marzano, nota femminista nonché docente universitaria a Parigi e ho letto che si tratta di una teoria “costruita” in ambienti cattolici stralciando qua e là frasi dal “contesto” mai citato. Siamo in presenza, in altre parole, ancora a una teoria del complotto: c’è un “nemico” che sta tramando contro la famiglia.



Da anni studio il mondo islamico, ma non vedo quanto leggo. Vedo, ad esempio, che siamo di fronte a un mondo che potrebbe insegnarci non poco: pensiamo in particolare all’attenzione ai “diritti sociali” – oggi scoperti dai cosiddetti “populisti” occidentali – e la coniugazione di economia ed etica (quanto ci sarebbe utili tali “valori!). Ma vedo pure che il mondo islamico avrebbe tutto da guadagnare dalla nostra civiltà occidentale che ha radici cristiane: pensiamo ai diritti individuali come la libertà di pensiero, di religione (principi che sono presenti in alcune costituzioni – vedi ad esempio quella del Marocco -) che sono per lo più non riconosciuti; pensiamo che in alcuni Stati di stampo fondamentalista gli omosessuali sono ancora condannati a morte. Non possiamo dimenticare poi che non esiste, se vogliamo essere precisi, “un Islam”, ma “più Islam”: una miriade di scuole giuridiche, una miriade di tradizioni (tra cui, ad esempio, l’infibulazione che precede la nascita dell’islam e che è praticata oggi anche da comunità cristiane dell’Africa), una miriade di popoli che “interpretano” l’islam secondo le proprie categorie culturali. Siamo di fronte a tanti e tanto diversi “islam” che ciò che li accomuna si riduce sostanzialmente ai cosiddetti “pilastri” (che hanno molta sintonia con i pilastri della fede ebraico-cristiana).



Così, rimanendo sempre all’interno del secondo dialogo, eviterei di dare giudizi così ingenerosi nei confronti della Chiesa cattolica. Io mi permetto di porre due domande:

– è buonista un papa che sostiene che dobbiamo accogliere solo quanti siamo in grado di “integrare” (cioè offrendo, in primis, lavoro)?

– è buonista un papa che sostiene con forza il “diritto di rimanere” (riferendosi ai migranti) nelle terre di origine e che invita ad operare perché tale diritto sia garantito?

Nel variegato mondo cattolico troviamo le sensibilità più diverse: coglierle è utile per chi vuole comprendere.

In attesa di rileggere con piacere il terzo dialogo relativo a un mondo (quello della scuola) che accomuna quasi tutti gli autori, ritorno un attimo sulla teoria del gender. Leggo su Wikipedia, tra l’altro, le frasi seguenti:
“Negli ambienti accademici, il riferimento ad una “teoria” strutturata in questo modo, quando non addirittura ad una “ideologia gender”, è generalmente considerato un tipico argomento fantoccio, da leggere nel contesto di una teoria del complotto”.

“Diverse associazioni accademiche e ordini professionali si sono espressi soprattutto negli anni 2014-2015, ribadendo che una “ideologia” del gender semplicemente non esiste: le intense campagne mediatiche sarebbero piuttosto da ricondurre a dinamiche tipiche delle teorie del complotto”.

“Dopo i vari pronunciamenti degli ordini regionali a settembre 2015 anche il Consiglio nazionale dell’Ordine nazionale degli psicologi ha preso ufficialmente posizione, appoggiando pienamente la posizione dell’Associazione Italiana di Psicologia, ribadendo «l’inconsistenza scientifica del concetto di “ideologia del gender”.

Una voce di Wikipedia scritta da chi complotta contro l’ordine naturale della famiglia?

Io chiedo ai tre amici protagonisti del secondo dialogo (amici che conosco da tempo e di cui stimo l’onestà intellettuale): quale manifesto di tale teoria, a supporto della vostra convinzione, avete letto?
Sono curioso perché anch’io – che non mi pare di avere dei pre-giudizi – vorrei leggerlo.
Sia chiaro: non voglio leggere citazioni estrapolate dal contesto di un libro, ma il libro intero.

Una domanda a tutti i cinque autori: se ritenete che la voce di Wikipedia sia il frutto di un complotto, perché non la riscrivete? Che mi risulta si tratta di una enciclopedia che vive del contributo dei lettori.

...

Non ho molto da dire sul terzo dialogo. Solo che, nella mia lunga vita professionale a scuola (pressoché a “tempo pieno” per me), ho visto i pericoli che denunciate ma anche altro.

Personalmente ho conosciuto presidi che avevano fatto il Sessantotto che erano più… autoritari di altri (alcuni addirittura tacciati da gruppi di studenti come “fascisti”). L’ideologia pseudo-rivoluzionaria del Sessantotto ha livellato gli studenti e ha ucciso la meritocrazia? Non ho visto questo degrado, ma solo una maggiore “comprensione” delle problematiche individuali degli studenti. I professori di sinistra, poi, li ho visti particolarmente “esigenti”. Personalmente (non ho una collocazione politica, ma ho vissuto – come diversi degli autori del libro in esame – a fianco degli studenti che contestavano in quegli anni) sono arrivato perfino a dare un 3 in filosofia in pagella (credo l’unico nella storia del liceo scientifico).

Non so se sia davvero una buona cosa che i ministri tornino a… non fare nulla: la scuola è il futuro di una comunità e merita l’investimento più ingente al fine di formare “criticamente” e “professionalmente” le nuove generazioni.



Se avessi fatto una recensione del pamphlet dei nostri autori, ne avrei fatta, di sicuro, una decisamente lusinghiera: fino al quarto dialogo, infatti, si tratta di un grido di allarme, di una denuncia della deriva in corso della modernità, di alto livello ed espresso da intellettuali di vasta cultura, di acuta intelligenza e capaci di articolare argomentazioni che sono lontani anni luce da quelle che… passa il convento dei social.
E non solo: si tratta di un testo che rivela tanta “passione civile” dei nostri autori e tanto “coraggio” intellettuale.

Dal quinto dialogo in avanti, poi, il tono si eleva perché i nostri autori affrontano con cognizione di causa tanti problemi di metafisica: dai discorsi impegnativi di teodicea sul tema del bene e del male alla teologia animale, dall’ottica immanentistica di Spinoza al dogma della Trinità, dalla funzione positiva delle religioni alla responsabilità morale non solo dei criminali che hanno sganciato la bomba atomica su Hiroshima, ma anche di quelli che hanno bombardato Dresda.

Un libro di ottima levatura. Un pamphlet che non può non provocare. Le mie considerazioni – su ciò che io, dal mio piccolo osservatorio, “vedo” – altro non sono che un “frutto” della loro “provocazione”: non era proprio l’obiettivo degli autori “far discutere”, stimolare “riflessioni”?

Se nella denuncia della deriva in atto della modernità, prevale la convergenza tra gli autori, negli ultimi dialoghi, di carattere più squisitamente “filosofico”, sono più marcate le divergenze.
Non solo: mentre nella pars destruens i giudizi sono più tranchant, nella pars construens troviamo la fatica/tormento della ricerca.

È vero che tutti si presentano come spiritualisti, ma le declinazioni di tale spiritualismo sono diverse: chi ha una visione immanentistica del divino, chi una di tipo trascendente, chi addirittura si dichiara agnostico. Le divergenze sono presenti anche sulla ricerca del Principio originario, sul fondamento “divino” dell’etica.

Sullo sfondo, in modo esplicito o implicito, si vedono suggestioni che si ispirano ad Heidegger e a Schelling (lo spirito altro non è che il dispiegarsi delle potenzialità presenti nella materia).

Numerose le considerazioni largamente condivisibili: la natura metafisica, anzi religiosa, del denaro; un tempo il nostro in cui predomina un presente irriflessivo, privo di memoria e di radici; la morte evacuata dal linguaggio; i ricoveri come una sorta di riserve indiane; la morte nera quale figlia della degenerazione/inquinamento del pianeta; la vita è un dono e il risvegliarsi la mattina è una grazia indicibile.

Gli autori si confrontano senza salire in cattedra: vi è chi parla di ipotesi e di fantasie, chi di solitari don Chisciotte, di idee che sono delle creature vive e non statue immobili (per cui non è escluso che un domani si troverà del buono anche nella peste).

Il testo, infine, così si conclude:

“Cari amici, che faremo di questo libro?”
“Bruciarlo è il meglio. Non lo volendo bruciare, serbarlo come un libro di sogni poetici, d’invenzioni e di capricci melanconici, ovvero come un’espressione dell’infelicità degli autori”.

Io, personalmente, non lo brucerò, ma anzi lo conserverò come un dono prezioso.

Grazie, amici, per l’insolito dono!

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