EVOLUZIONISMO DARWINIANO, FISICA CLASSICA E FISICA MODERNA: PARADIGMI A CONFRONTO - RELATORE: BRUNO CORDANI

10.11.2008 21:00

 

Lo sviluppo delle teorie scientifiche ha fortemente influenzato la nostra visione del mondo ma, a sua volta, lo "spirito dei tempi" si e' rivelato un elemento costitutivo, a volte inconscio, dell'elaborazione scientifica. Si e' cosi' passati da una concezione geocentrica e antropocentrica all'idea (Galileo-Newton) di un universo infinito, omogeneo e isotropo le cui cadenze sono rette da leggi meccaniche ineluttabilmente deterministiche, approdando infine ai due paradigmi (relativistico e quantistico) oggi dominanti. Nel primo si disegna uno spazio-tempo che non evolve ma e' "dato" una volta per tutte nella sua interezza, mentre nel secondo la realta' materiale e' vista come essenzialmente illusoria, giacche' e' solo l'osservazione che letteralmente crea (e non si limita semplicemente a registrare) le proprieta' dell'oggetto osservato.L'evoluzionismo darwiniano e' completamente inscritto nell'ambito classico (cioe', non quantistico-relativistico) non solo per ovvi motivi storici ma per la visione temporale-deterministica che gli e' propria, e ne condivide quindi la sorte epistemologica. Ed esattamente come la fisica classica l'evoluzionismo darwiniano rende conto in modo mirabile di una quantita' enorme di fatti e fenomeni pur essendo affetto da varie anomalie, malamente o addirittura completamente non risolvibili nel suo quadro esplicativo. Si tratta quindi di una seria teoria scientifica che, proprio per questo, e' impossibilitata ad assumere quel ruolo di visione del mondo assoluta e totalizzante che molti, piu' attenti alla propaganda ideologico-politica che alle ragioni della scienza, vorrebbero attribuirle.

Dibattito

Data: 19.06.2013

Autore: Tiziano Guerini

Oggetto: UN PO’ PER FARE FILOSOFIA E UN PO’ PER FARE “POESIA”

Dopo i tre incontri proposti dal Caffè Filosofico sul tema “evoluzionismo-creazionismo”, e dopo gli stimolanti interventi di Piero Carelli e di Adriano Tango, desidero anch’io svolgere qualche considerazione al riguardo. Il tema può essere affrontato da diversi punti di vista: scientifico, religioso, ma anche soprattutto filosofico. La scienza non ha dubbi sulle mutazioni via via intervenute nelle varie specie viventi, la religione – intendo cristiana – non ha dubbi circa un intervento diretto di Dio per innestare ad un certo punto dell’evoluzione, e specificatamente nell’uomo, la dimensione spirituale-razionale-finalistica. E la filosofia? Dopo la lunga stagione della creatio ex nihilo che ha permesso alla filosofia cristiana di entrare a colloquio con le più profonde problematiche culturali greco-romane, oggi non si intravede che lo spazio d’azione della scienza e della tecnica che, dimentiche della paternità filosofica del concetto di “relativo” he pure è l’oggetto della loro azione, si propongono come l’unica dimensione razionale possibile per l’uomo, proiettando sempre più la tecnica nella dimensione e nel ruolo di fine ultimo (il progresso per il progresso).

Fuori dubbio che questo percorso, coerente con l’impostazione metafisica assoluto-relativo della filosofia occidentale, non possa essere messo in scacco che da una propria profonda contraddizione destinata a manifestarsi. Un progresso scientifico- tecnologico all’infinito, sempre più caratterizzato da una concezione di felicità collegata al possesso di beni, all’avere, lungi dall’essere il percorso verso la “felicità” finirà fatalmente per alimentare le paure e le angosce dell’uomo di fonte alla stessa “relatività di tutte le cose” (cioè un destino di morte) sia dello sviluppo materiale sia della vita individuale e sociale.

E allora? Allora sia la filosofia dell’occidente, sia la filosofia cristiana (storicamente apparentate, si che il destino della prima non può essere modificato dalla seconda) devono rimettere in discussione se stesse, o meglio le categorie che essenzialmente le hanno costituite fin dall’origine. Un assoluto destinato solo a giustificare il concetto di relativo, ed un concetto filosofico di creazione destinato a rafforzare la stessa dimensione del relativo (perché questa è la funzione fondamentale dell’Atto Puro aristotelico, e del Dio creatore dal nulla) mostrano sempre di più la loro autocontraddizione. Se la strada del “relativismo-assoluto” ( mi si perdoni la provocazione) è ancora da percorrere per un tratto di cui non si conosce la consistenza, è però anche il caso che si faccia avanti con la forza della logica la filosofia del futuro, e parallelamente, anche la filosofia cristiana del futuro, se veramente è destinata ad avere un futuro.

Il riconoscimento filosofico della eterna e definitiva appartenenza di tutte le cose all’Essere – unito all’abbandono da parte del Cristianesimo di quanto, lungo la sua storia, troppo ha concesso alla concezione del sacro come logica di potere e di dominio, e dei suoi succedanei: libero arbitrio, colpa, premio, castigo…- e con la sconfitta delle varie ideologie sociali e politiche nella loro inutile velleità di voler raffreddare e rallentare l’impulso inarrestabile ma perverso della scienza e della tecnica ad abbandonare il ruolo di “mezzo” per farsi “fine” - e con la presa d’atto finale che la tecnica non prepara la felicità dell’uomo ma la sua più profonda disillusione nell’angoscia di una appropriazione del mondo necessariamente provvisoria e aleatoria – costituirà il nuovo orizzonte del Pensiero e dell’uomo finalmente in grado di “andare oltre l’uomo”.

Il creazionismo altro non è che la preistoria dell’evoluzionismo, dal momento che entrambe queste concezioni del mondo e dell’universo poggiano sulla convinzione greca dell’essere relativo, sopraggiunto dal nulla e destinato al nulla. La differenza consiste nel riferirsi ad un dio oppure a nel ricercare nello stesso “relativo” la spiegazione del mondo; differenza non da poco ma del tutto accidentale ed incidentale rispetto alla capacità di andare al fondo dell’analisi del Pensiero e dell’Essere.

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