LE ORIGINI DEL PRAGMATISMO DI VAILATI - RELATORI: PAOLA CANTÙ, MAURO DE ZAN

09.03.2009 21:00

 

Giovanni Vailati è ricordato come un interprete originale del pragmatismo. Ma per capire che cosa significa dire che fu un pragmatista originale è necessario chiarire cosa era e che cosa è oggi il pragmatismo, filosofia poco conosciuta in Italia. E soprattutto occorre capire che cosa ha permesso a Vailati di sviluppare una sua filosofia pragmatista che presenta caratteri di originalità tali da attrarre a cent’anni dalla morte l’attenzione di studiosi italiani e stranieri di diversa formazione. Per questo può essere utile una ricognizione parziale dello sviluppo del suo pensiero e dei suoi interessi filosofici e logico matematici negli anni precedenti la sua convinta adesione al pragmatismo. È infatti nella miscela dei suoi interessi per la storia della scienza, per la linguistica e la parapsicologia, per i problemi di metodologia della ricerca e – soprattutto – per lo sviluppo della logica matematica, condotto nello stimolante ambiente della “scuola di Peano”, che matureranno le condizioni atte allo sviluppo della sua interpretazione del pragmatismo.

Paola Cantù si occupa di filosofia della logica e della matematica e di teoria dell'argomentazione. Attualmente è ricercatrice presso gli Archivi Poincaré dell'Università di Nancy e membro di un progetto di ricerca internazionale sull'idealità in matematica.

Mauro De Zan è presidente del Centro Studi Giovanni Vailati e insegna filosofia e storia presso il Liceo Classico Racchetti di Crema. È in corso di pubblicazione una sua monografia sulla formazione di Vailati.

Dibattito

Data: 19.06.2013

Autore: Patrizia de Capua

Oggetto: Abduzione, Watson, abduzione

Dopo la serata di lunedì 9 marzo 2009 non credo che nessuno sia più autorizzato a dichiararsi ignorante rispetto al posto di rilievo occupato da Giovanni Vailati nella cultura non solo italiana del Novecento. La sintetica ma esauriente illustrazione che Mauro De Zan ha offerto del pragmatismo vailatiano ne ha ricordato due aspetti essenziali: l’importanza della storia delle scienze - scienza essa stessa - e il valore del metodo deduttivo come strumento di ricerca e di scoperta. Nella presentazione, De Zan ha anticipato alcuni aspetti inediti relativi alla formazione del filosofo cremasco (il suo interesse per i fenomeni della parapsicologia, il suo essere stato uno studente liceale brillante nelle materie umanistiche, ma un mediocre laureato in Ingegneria e Matematica, comunque scelto da Peano fra i suoi assistenti, e ancora la scoperta vailatiana del debito scientifico di Galileo per Benedetti), di cui ritengo verremo a sapere qualcosa di più preciso in occasione della pubblicazione del prossimo libro del presidente del Centro studi “Giovanni Vailati”. Quanto all’amica Paola Cantù, pochi studiosi sanno, come lei, affrontare argomenti tanto ostici (per lo meno per me) come quelli della logica matematica con grazia pari alla chiarezza; e ancora minore è il numero di persone in grado come lei di rispondere con rigore a domande di ascoltatori esigenti, che non si accontentano certo di una spiegazione improvvisata. Non per niente P. Cantù ha pubblicato più di un testo relativo a tematiche logiche: valga per tutti il documentatissimo Teorie dell’argomentazione. Un’introduzione alle logiche del dialogo (Bruno Mondatori Editore, 2006), scritto insieme a Italo Testa. Nella sua presentazione ho trovato particolarmente stimolanti i richiami al carattere olistico delle teorie scientifiche (al cui interno le leggi si prestano sostegno reciproco) e la ridefinizione del previsionismo vailatiano come semantica inferenziale. Non è il caso che stia a soffermarmi su questi aspetti, già analizzati dai relatori. Vorrei soltanto aggiungere un frammento di risposta alla domanda di Marco Ermentini sulla funzione della deduzione nella ricerca dell’investigatore. Più che di deduzione o di induzione, mi pare che, nel caso dell’investigatore, si debba parlare di abduzione, modalità di ragionamento ben nota a Peirce. Si tratta di un particolare tipo di sillogismo nel quale la premessa maggiore è certa, ma la minore è solo probabile. Se ne inferisce una conclusione ipotetica. L’abduzione è stata spesso collegata alla serendipità, sagacia connessa allo spirito di osservazione, di cui ricercatori, medici e scienziati in genere hanno tanto bisogno. La serendipità è, grosso modo, la capacità di accorgersi di avere scoperto qualcosa mentre si sta cercando qualcos’altro. Insomma, la metis dei Greci, lo sguardo senza pregiudizi, il pensiero divergente, o comunque si voglia chiamare l’abilità nell’utilizzare a proprio vantaggio quelle fastidiose deviazioni dalle vie maestre della logica che consentono di percorrere strade mai prima battute. Furbizia, anche, e improvvisazione, ma necessariamente radicate nella competenza, perché chi non poggia quelle qualità su una solida preparazione di base rischia di sdrucciolare e rompersi l’osso del collo. “Sherlock Holmes era un campione di abduzione”, scrive Pietro Dri in Serendippo. Come nasce una scoperta: la fortuna nella scienza (Editori Riuniti, 1994), dove gli incontentabili potranno leggere tutto, ma proprio tutto, ciò che riguarda abduzione e serendipità. E non dimentichiamo Voltaire nel notissimo Zadig, ispirato per l’appunto alla novella I tre principi di Serendippo tradotta in italiano (dal persiano?) nel 1557 da Cristoforo Armeno. Proprio ispirandosi al classico voltairiano, Eco avrebbe tratteggiato il divertissement che abbellisce l’incipit del suo romanzo più noto, Il nome della rosa, dove Guglielmo da Bascavilla lascia a bocca aperta per lo stupore il giovane Adso, descrivendogli il cavallo Brunello inseguito dai monaci pur senza averlo incontrato. Che direbbe Vailati? Curiosità e apertura verso il nuovo, desiderio di esplorare sentieri sconosciuti, interesse per le persone vivacemente anticonformiste non difettano al nostro filosofo. La lettura dell’epistolario restituisce l’immagine di uno spirito serio, puntiglioso, ma capace di allegria, magari solitario nei momenti della riflessione e della scrittura (e come non esserlo?), ma fedele nelle amicizie, arguto, amante del bon mot, preparatissimo, specie nelle lingue straniere, anche se non ugualmente geniale in ciascuna delle molteplici discipline scientifiche nelle quali si cimenta. Vogliamo deciderci ad essere fieri di essere suoi concittadini?

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